Leonardo Sciascia colore del vino

A corredo di questo articolo, mostriamo un ritratto di Leonardo Sciascia, opera artistica   del pittore piemontese Lorenzo Bersini, realizzata nell’Aprile 2015, con i colori dei vini.
Una tecnica pittorica molto originale, e rara nella sua applicazione, nella quale si è specializzato Lorenzo Bersini. Tredici sue opere, infatti, realizzate coi vini, hanno formato la mostra “Sport in Wines”, allestita a Torino, promossa dalla Associazione Donna Sommelier Europa.
La tecnica di Lorenzo Bersini, ovvero l’uso dei vini come colori, consente di realizzare dipinti unici e inalterabili nel tempo, poiché il processo di ossidazione dei vini, mediante la formula “Ferro-Gallica”, dà vita ad una gamma di colori delicati, tenui, e non fotosensibili. Ricordo che la formula “Ferro-Gallica” è quella inventata dai monaci Benedettini, intorno al 1500, per ottenere l’inchiostro per i manoscritti; cioè usando come base il vino, aggiungendo le “galle” di quercia (ricche di tannino) e pezzi di ferro (per ottenere l’ossido di ferro).

 

Ovviamente nella forma attuale al vino si aggiungono elementi di sintesi già pronti: Tannino e Ossido di Ferro; mentre per certi colori più tenui si usa solo il vino in purezza.
Questo ritratto di Sciascia, formato cm 33 x 48, di carta artistica, è stato realizzato con i seguenti vini: Barbera d’Asti Superiore ossidata 6 mesi; Nero d’Avola ossidato 12 mesi; Nero d’Avola ossidato 2 mesi; Syrah in purezza; Ruchè di Castagnole Monferrato ossidato 4 mesi; Grignolino d’Asti ossidato 16 mesi; Bonarda in purezza; Bonarda ossidata 8 mesi.
Il 19 Luglio scorso, tramite il sottoscritto, partecipante come autore del libro “Di terra e di cibo – Fra le pagine di Leonardo Sciascia”, alla manifestazione “A cena con Leonardo Sciascia”, organizzata dal Comune di Racalmuto, nell’ambito del programma per la festa della Madonna del Monte, questo quadro è stato presentato e consegnato in dono alla Fondazione Leonardo Sciascia.
Dunque, un ritorno al futuro per questo “Leonardo Sciascia Colore del Vino”. Ovvero un ritorno alla terra; quella sua terra, quella sua Isola nell’Isola che è Racalmuto. E di quella contrada di Racalmuto, la “Noce”, dove Sciascia aveva la casa, che così descrive in uno scritto: “… La campagna della Noce era rigogliosa: dalle sue vigne veniva, e viene, il migliore vino che si produca nel circondario; un vino fortissimo e dolce … e uno non finirebbe mai di bere … Il paesaggio è quello della Sicilia interna: colline rocciose sparse di mandorle e olivi, di vigne …”.
Ricordo che qui si produce uno dei migliori Nero d’Avola della Sicilia.
Dunque, siamo al paradigma di quella terra che ci ha visto nascere e crescere, dove affondano le nostre radici; quella terra che ci ha nutriti con i suoi frutti, i suoi prodotti. Quel mondo contadino e rurale che ha lasciato tante tracce materiali nel nostro Paese, ma non Parole; e quelle poche parole che restano sono state raccontate e scritte da pochi grandi scrittori in Italia, come Cesare Pavese, Beppe Fenoglio, Davide Lajolo. Ma è soprattutto con Leonardo Sciascia che quel mondo contadino, la terra, i suoi prodotti, i suoi cibi diventano elementi importanti e strutturali nelle sue opere e persino nel suo stile narrativo; insomma, il racconto di quel mondo contadino che Sciascia ha saputo ben raccontare e farne sublime letteratura.
Metaforicamente Sciascia è un contadino, che usa parole da contadino come in quel dialogo con Davide Lajolo quando dice che “Il conformismo è la Fillossera della convivenza …”; (e qui bisognerebbe avere tempo per spiegare che cosa è stata la Fillossera per la viticoltura); o in quella formidabile battuta sul “Grano Maiorchino” del professore Roscio, un personaggio del romanzo “A ciascuno il suo”. Sciascia, dunque, come il personaggio del suo romanzo “Porte Aperte”, l’unico tra i giurati che si schiera con il piccolo giudice contro la condanna a morte dell’imputato; quel giurato che “…era un agricoltore, con faccia, mani da contadino, che parlava con proverbi e metafore da contadino …”
Tutto ciò non ci può stupire perché Sciascia era un grande conoscitore di quel mondo, esperto e appassionato di temi agricoli, di economia agraria, di enogastronomia, di cibi e ricette che amava anche preparare personalmente (tra tanto altro, Sciascia, dal 1941 al 1947, lavorò come impiegato al Consorzio Agrario di Racalmuto).
A tal proposito, ci fa piacere ricordare che fummo proprio noi, come Associazione Amici di Sciascia, nell’ambito del programma delle celebrazioni del 20° della morte dello scrittore, a promuovere un grande convegno su Sciascia nella edizione del 2009 del Vinitaly di Verona, proprio per ricordare e rimarcare il rapporto tra Sciascia e la terra, il mondo contadino e il vino, con la presenza e autorevole testimonianza di personaggi come Pino Khail, direttore della rivista Civiltà del Bere, Giannola Nonino, la Signora della Grappa, che nel 1983 assegnò a Sciascia, per il suo libro “Kermesse”, il premio letterario Nonino, dedicato al mondo contadino e ai suoi valori, e Paolo Massobrio, famoso giornalista e scrittore di enogastronomia, oltre agli assessori all’agricoltura della Sicilia e del Piemonte.
Ricordo ancora, a commento dell’evento, il titolo emblematico di un articolo del quotidiano La Sicilia: “Leonardo Sciascia, il maestro astemio celebrato al Vinitaly”. Ebbene, sì, Sciascia era astemio; uno di quei paradossali calembour ai quali ci aveva deliziosamente abituati. Una delle tante contraddizioni Sciasciane, (“Disse e si contraddisse”, si dice di lui); contraddizioni apparenti, in realtà; basti pensare che nel 1986, la rivista Civiltà del bere, in collaborazione con l’Istituto della vite e del vino di Sicilia, pubblicò un volumetto (io ne conservo una copia come reliquia) dal titolo “Sicilia, Terra di Vini” che si apre con una presentazione introduzione scritta da Leonardo Sciascia, che vi compare con una sua foto, dal titolo “Le luci dei vini” (che sostanzialmente era quello che Sciascia aveva detto nell’ intervista di Pino Khail, come inizialmente doveva essere). Sciascia in questa presentazione, ricorda l’aneddoto ( e l’equivoco linguistico) di quel gruppo di cacciatori in giro per le campagne di Racalmuto, accolti dal padrone di una masseria che offrì loro ricotta e vino; ma al rifiuto del vino di uno del gruppo, il padrone domandò: “Lei è astemio?”, “No, sono Tascarella da Racalmuto”, rispose l’astemio. “L’ aneddoto”, ricorda Sciascia, “ogni volta che sento o penso o scrivo la parola astemio, mi riaffiora …quasi la parola fosse un nome proprio come Ascanio o Astolfo … e mi capita dunque frequentemente, poiché sono astemio. Ma”, aggiunge Sciascia, ”Non si creda che l’astemio non senta alcun rapporto col vino. Certamente tutti gli astemi godono di un rapporto col vino che si può senz’altro dire visuale e condensare nel verbo, che mi pare sia stato coniato da Boccaccio, di Arrubinare … l’effetto del bicchiere che appunto si arrubina mescendovi il vino rosso … Un godimento puramente estetico: con un certo effetto di ebrezza, qual di refrigerio nelle ‘bevute visuali’ del Malagotti … Si possono coniare altri verbi per i vini, come ‘ambrare’ … I vini hanno come una luce propria e interna che dal vetro in cui si versano ricevono una sfaccettatura, una ricchezza di tonalità e di riflessi …” E Sciascia continua in una piena di parole gioiose, un peana, in onore del vino e nella descrizione del nuovo paesaggio agrario caratterizzato dalla intensa coltivazione a vite, specie quella a tettoia per l’uva da tavola e le evoluzioni sulle tecniche nel vigneto e in cantina, sui nuovi aspetti della commercializzazione.
Ovviamente sono tante le citazioni e riferimenti inerenti al rapporto tra Sciascia e il vino e mi limito a ricordare ancora il racconto che dà il titolo al suo libro “Il mare colore del vino”, dove il vino si fa sogno, poesia, vagheggiamento, sublime letteratura “ … Il mare colore del vino … Eppure il bambino ha colto qualcosa di vero: forse l’effetto, come di vino, che un mare come questo produce: Non ubriaca, si impadronisce dei pensieri, suscita antica saggezza …”
E così, come rilevava Paolo Massobrio in quell’incontro al Vinitaly, il rapporto tra Sciascia e il vino non era legato all’atto del consumo, ma piuttosto alle visioni visive e olfattive, oltre che a suggestioni e ricordi lontani; ovvero, il vino inteso come ricerca delle radici da cui ognuno di noi proviene …
Memori di questa esperienza Sciasciana, e con maggiori elementi, possiamo affermare che il mondo del vino ha davvero tante sfaccettature, tanti riflessi che gli derivano dal contenitore: vetro o letteratura che sia. Un mondo pieno di vigneti, vini, bicchieri, bottiglie e botti, ma anche di emozioni, suggestioni, simbolismi, storie.
E per finire brindiamo idealmente al Vino e a Leonardo Sciascia: “Astemio con il vino nel cuore”, immortalato anche con i “colori del vino”.

Torino, Ottobre 2015
Salvatore Vullo