Il logo dell'Associazione

Il logo

L’incisione all’acquaforte intitolata «Logo per gli Amici di Leonardo Sciascia», di cui Agostino Arrivabene ha fatto dono all’Associazione, è comparsa per la prima volta sulla copertina di Colpi di penna, colpi di spada, sesto volume della collana Quaderni Leonardo Sciascia, pubblicato nel 2001 a ottanta anni dalla nascita dello scrittore, e otto anni dopo la costituzione dellAssociazione Amici di Leonardo Sciascia.

Nella penna e nella spada sono rappresentate le passioni di Sciascia per la scrittura e l’impegno. «Paolo Luigi Courier, vignaiuolo della Turenna e membro della Legion d’onore, sapeva dare colpi di penna che erano come colpi di spada; mi piacerebbe avere il polso di Paolo Luigi per dare qualche buon colpo di penna…» si legge infatti nell’introduzione a Le parrocchie di Regalpetra. A queste due passioni, che hanno segnato la vita di Sciascia, se ne aggiungeva una terza: quella per la grafica, e in particolare per l’acquaforte, rappresentata dal bulino.

La spada che trafigge il foglio di carta lega insieme i tre strumenti e le tre iniziali degli Amici di Leonardo Sciascia.

L’Autore

Agostino Arrivabene, nato l’11 giugno 1967 a Rivolta d’Adda (Cremona), si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera nel 1991.

Negli anni successivi, l’artista prende parte a numerose manifestazioni collettive: Premio Suzzara nel 1992 e 1993; premio Cairo al palazzo della Permanente a Milano nel 2004; Silenzi, la natura morta tra Italia e Paesi Bassi nella Galleria di Rob Smeets a Milano; Visionari Primitivi Eccentrici nella Galleria civica di Palazzo Loffredo a Potenza nel 2005; Premio Michetti a Francavilla a Mare nel 2006 e 2007; nel 2010 è presente alla Biennale d’arte Aldo Roncaglia e alla rassegna sul ritratto: Ritratti Italiani, a cura di Vittorio Sgarbi, nel museo civico di Cento, mostra che verrà portata a Milano nello spazio espositivo della Fondazione Durini; nell’estate del 2011 è invitato dal curatore Vittorio Sgarbi ad esporre nel Padiglione Italia alla 54a Biennale d’Arte di Venezia, nella sede dell’Arsenale.

Alle partecipazioni a mostre collettive e premi, Arrivabene aggiunge diverse mostre personali: Esplorazioni e Memoria e desiderio nel museo di Crema nel 1994; L’arte segreta di Agostino Arrivabene a Reggio Emilia nel 1998, fino alle più recenti Mirabilia Naturae nel 2005 a Milano e Il sole morente nella stanza azzurra nel 2007 ad Andria.

L’artista è inoltre presente a fiere dedicate al contemporaneo, quali Arte Fiera Bologna, Arte Padova, ArtVerona e MiArt e Art-expo di Bari.

Nel 1998 Agostino Arrivabene si aggiudica la prima edizione del Premio Internazionale “Leonardo Sciascia amateur d’estampes”, organizzato dagli Amici di Leonardo Sciascia. Il premio gli offre la possibilità di essere riconosciuto fra i più validi incisori europei. Le sue incisioni, spesso ottenute in maniera indiretta attraverso la tecnica dell’acquaforte, sono state proposte al pubblico in occasione di numerose esposizioni, tra cui la personale svoltasi nel 1995 presso la Biblioteca Comunale di Palazzo Sormani a Milano.

Per l’Associazione Amici di Leonardo Sciascia, nel 2011 l’artista ha realizzato anche l’acquaforte dal titolo Effluvi düreriani, che illustra la copertina della rivista internazionale di studi sciasciani TODOMODO. Sullo sfondo compare una citazione della celebre incisione di Albrecht Dürer Il cavaliere, la morte e il diavolo, mentre in primo piano spicca l’immagine di Leonardo Sciascia con la sigaretta tra le dita e il viso parzialmente coperto da una nuvola di fumo, come nel ritratto fotografico di Carla De Gregorio. Il ritratto e il logo fregiano la testata del sito dell’Associazione.

E.L.G.


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Presentazione del volume

Colpi di penna, colpi di spada

 

Una penna, una spada, un bulino. E un foglio di carta.

Meglio un’immagine di mille parole? Forse sì. O forse no. Desidero apporre personale esergo a un volume che – pur nella qualità e nel rigore a cui sin dagli esordi ha cercato di attenersi – consegna a un’acquaforte di Agostino Arrivabene il compito di riaffermare la missione statutaria degli Amici di Leonardo Sciascia, a otto anni dalla sua costituzione nelle sale di quel Fondo Stendhaliano Bucci di Gian Franco Grechi, presso la Biblioteca Comunale di Palazzo Sormani di Milano, così cara al nostro.

I libri, letti e scritti.

L’impegno politico, dichiarato e praticato.

Le arti figurative, con la prediletta gravure.

Certamente anche il teatro, il cinema, la preoccupazione verso la scienza (dalla fisica delle particelle del Majorana all’ingegneria genetica che fa capolino tra le righe de Il cavaliere e la morte) e potremmo andare avanti. Nutritasi nella vita delle conoscenze più diverse, l’eccezione Leonardo Sciascia dall’unicum di pluralità di passioni discende. Di fronte ai rischi di un sapere parcellizzato, egli ha delineato come pochissimi altri la fisionomia di colui che si lascia guidare sempre dalla voce della coscienza, anche a costo di pagarne il fio nella finis terrae dell’“uomo solo”.

L’epigrafe del discorso sciasciano del 1983 per l’anno stendhaliano (che delle Associazioni di Amici tesseva, con dieci anni di anticipo rispetto a quella che lo avrebbe direttamente riguardato, la ragion d’essere) rinveniva nel combinato letteratura, arte e realtà i segni saviniani di una «a noi quasi ignota» civiltà dell’intelligenza.

Oggi ciò assume nel logo dell’associazione l’espressione simbolica del trinomio delle punte, scrittura-impegno-incisione, senza primati né censure, l’unico al quale gli Amici continueranno a restare capricciosamente fedeli: per dare un futuro alla memoria di Leonardo Sciascia nelle opere sin qui realizzate, con fatica e gioia di fare, e in quelle che sono in cantiere.

Con una rinnovata consapevolezza.

Senza il benefico olio dei repetita iuvant non è affatto un dato acquisito che “spuntare” Sciascia equivalga a tradirne la memoria. Ben al di là delle bagattelle di un sodalizio come il nostro, abbiamo sperimentato (quando si dice il “vizio dei fatti”) quanto il retaggio sciasciano “a tre punte” diventi per taluni insopportabile rischio allorché si traggano dalla nera semenza della scrittura tutte le implicazioni, andando oltre lo sfruttamento mercantile-accademico del bene culturale Sciascia. Si aggiunga a questo la difficoltà crescente di praticare, da Amici, un genere di amicizia che non faccia sconti a nessuno, nel nome di un uomo che nella propria vita non ha sacrificato le sue idee a un’amicizia (o forse vogliamo dimenticare la rottura con Guttuso?). Roba da temerari, ricchi di cuore, insomma. Il candore che spingeva nella primavera del 1937 il dimenticato “uomo intero” Sebastiano Timpanaro a confessare al “celeste anarchico” Luigi Bartolini, suo corrispondente: «Molti dicono: la tua amicizia con Bartolini non durerà. S’ingannano: durerà. Ma io resterò io. Ammirerò se ci sarà da ammirare. Criticherò o starò zitto se così mi parrà».

Francesco Izzo