Giuseppe Quatriglio - Leonardo Sciascia e il "Corriere del Ticino"

 

Lo scrittore Leonardo Sciascia dal 1970, e fino a pochi mesi prima della morte, fu un collaboratore del “ Corriere del Ticino “, il maggior quotidiano svizzero di lingua italiana, un organo di informazione moderato e indipendente, saldamente legato al territorio fin dalla sua fondazione, nel 1891. Il giornale ticinese, nel corso di diciannove anni, pubblicò anche una rubrica periodica dello scrittore italiano e numerosi suoi interventi ; inoltre ospitò interviste a lui fatte nonché recensioni di suoi libri.

Fu il siciliano Giovanni Croci, allora redattore culturale del “ Corriere del Ticino “, a proporre a Sciascia, a nome del direttore del quotidiano Guido Locarnini, di collaborare. L’invito giungeva allo scrittore che nel 1957 si era candidato al premio svizzero Libera Stampa, uscendone vincitore con il libro, allora inedito, Due storie italiane che sarebbe stato pubblicato l’anno seguente, con il titolo Le zie di Sicilia, da Einaudi.  In un articolo di Sergio Grandini, pubblicato dal quotidiano il 28 ottobre 1989, poco meno di un mese dalla scomparsa di Sciascia, venne ricordato che lo scrittore chiese a lui lumi, prima di aderire alla proposta di collaborazione.

Ad accordo concluso, il primo articolo di Sciascia sul quotidiano ticinese apparve nella pagina della cultura del 12 settembre 1970, preceduto da una breve nota redazionale nella quale si annunciava, da quel numero, l’inizio della collaborazione dello scrittore.

Nel 1970 Sciascia era autore noto, non soltanto per aver vinto il prestigioso riconoscimento svizzero, ma anche per i primi romanzi, editi da Einaudi, che avrebbero segnato il suo successo:  Il giorno della civetta Il consiglio d’Egitto ( 1963 ), A ciascuno il suo ( 1966 ). Negli anni della collaborazione col giornale svizzero avrebbe allargato la sua notorietà internazionale dando alle stampe libri di notevole impatto, e alcuni suscitatori di polemiche, tra i quali  Il contesto(1971 ), Todo modo ( 1974 ),  L’affaire Moro ( 1978 ).  In quel primo articolo, dal titolo “Le porte del Duomo di Orvieto “, Sciascia dava il suo parere sulle porte di bronzo realizzate a Roma dallo scultore catanese Emilio Greco, consegnate fin dal 1964 e lasciate accantonate a causa dei dubbi sorti sulla opportunità di inserire un’opera moderna nel contesto di un monumento di stile gotico. Ne era sorta una pretestuosa polemica a sfondo ideologico che non teneva conto dei precedenti inserimenti di manufatti moderni in chiese antiche,e, soprattutto, dell’armonia delle figure fermate nel bronzo da uno scultore votato alla raffigurazione della bellezza. Sciascia lo scrisse subito : “ A me le porte di Greco piacciono “. Poi articolò il suo giudizio  e fece riferimento ai ” numerosi esperti “ intervenuti nella disputa, concludendo, a sorpresa : “ E per una volta mi trovo d’accordo con ‘ L’Osservatore Romano ‘ , che mettere le porte a una chiesa non è faccenda da lasciare esclusivamente agli esperti “. ( 1961 ),

Le fotocopie dei numerosi altri interventi di e su Sciascia (1) documentano l’impegno dello scrittore dispiegato dalle pagine del quotidiano ticinese lungo l’arco di tanti anni e, contemporaneamente, confermano l’interesse del giornale per il pensiero e la produzione dell’intellettuale italiano. Si avvertono in tante pagine la stima e l’affetto che circondavano l’autore di Il giorno della civetta e la considerazione per la sua modestia ( la modestia che accompagna l’operare di un grande scrittore).

Anna M. Catalucci, recensendo il 28 giugno 1975 Invito alla lettura di Sciascia di Claude Ambroise, pubblicato da Mursia, definì il romanziere “ uno degli scrittori più significativi e originali  del momento storico attuale “. E ne condensò le qualità: “Testimone e filologo, saggista e poeta, scrittore e uomo convivono nella sua scrittura”.

Martedì 30 ottobre 1979 si svolse nell’aula magna della Scuola tecnica superiore di Lugano un incontro - dibattito con Leonardo Sciascia sul tema scottante “ Come vedo il terrorismo “. Erano anni bui in Italia : nel 1976 era stato ucciso da neonazisti di Ordine Nero  il magistrato Vittorio Occorsio ; nel 1978, dopo l’apertura del processo a carico dei capi storici delle Brigate rosse, Aldo Moro era stato rapito dopo il massacro della sua scorta. Sarebbe stato ucciso dopo una lunga prigionia.

Puntuale il resoconto in un articolo della edizione del 2 novembre. Lo scrittore non esitava a dire che “ a fianco  di un terrorismo di destra sempre più inconsistente, si stava affermando  un efficiente terrorismo di sinistra, di cui si potevano individuare le origini e le motivazioni….Dietro il fenomeno c’è, innanzi tutto, il terreno fertile di una disponibilità alla violenza, favorita proprio in Italia dalla esperienza fascista “. Il resoconto concludeva : “ Il dibattito ha contribuito, solo in parte,  a mettere a fuoco la fisionomia singolare dello scrittore alle prese con l’impegno civile, in bilico tra invenzione creativa e realtà politica “.

Intanto, sabato 13 ottobre 1973, nel numero 100 dell’inserto culturale del  “ Corriere del Ticino “, annunciato da un trafiletto in prima pagina, Sciascia aveva iniziato a pubblicare i suoi articoli nella rubrica fissa “ Il torcoliere “, a cadenza mensile. Aveva esordito con “ Una cronaca stendhaliana “, la disamina di uno scrittore appassionato di Stendhal,  su una cronaca poco conosciuta dell’autore de La certosa di Parma , che racchiudeva – scriveva Sciascia -  “ un piccolo mistero  tra i tanti in cui Stendhal sa,  inesauribilmente e deliziosamente, intricarci “.

Nel 1973 ancora due contributi nella rubrica “ Il torcoliere “: scriveva su Scaramuccia “una grande maschera della Commedia dell’Arte che furoreggiò alla corte di Luigi XIV “; e di Cagliostro, in riferimento alla prima ristampa moderna del famoso “Compendio “,  sulla vita dell’avventuriero, fatta dall’editore Mursia.

Il 1974 registrò sette puntate mensili della rubrica. Sciascia, sempre attento alle novità editoriali, scriveva di attualità letterarie : una nuova edizione del romanzo incompiuto di Brancati Paolo il caldo, il ritorno di Rubè di Giuseppe Antonio Borgese, riproposto, dopo anni di oblio, da Mondadori. Vi furono altri interventi dello scrittore, al di fuori della rubrica, ma all’interno delle pagine culturali. Rilevante, l’11 giugno 1975, il suo saggio  su “ La Vucciria “, la vasta tela del conterraneo Renato Guttuso sul grande mercato popolare di Palermo. Giudicò il quadro, oggi nella sede del rettorato universitario di Palermo, “ una visione, un sogno, un miraggio; un  ‘mangiar visuale ‘ e con effetti di appagamento e delizia…”.

Prima dell’esordio de “ Il torcoliere “, Sciascia pubblicò, il 9 giugno 1973, a cento anni dalla nascita di Alessandro Manzoni, una commemorazione dell’autore de I promessi sposi prendendo spunto da due libri manzoniani del critico Angelandrea  Zottoli che definì “ quanto di meglio abbiano dato gli studi manzoniani in Italia”. Dopo una delle prime ristampe de Il Gattopardo , Sciascia intervenne nel dibattito aperto dal giornale per dichiarare, modificando in parte il suo precedente giudizio e con grande onestà intellettuale  : “ Il libro mi piace ora più di quanto mi sia piaciuto dieci anni fa. Si scoprono cose che prima sfuggivano e si ritenevano poco importanti ; vuol dire – quali che siano i suoi difetti – che siamo di fronte a un’opera viva “.

Il 9 giugno 1978 il quotidiano di Lugano ospitò l’intervista allo scrittore fatta a Parigi da Fausto Bucchi . A una domanda dell’intervistatore su presunte analogie tra la tragica vicenda di Aldo Moro e il suo libro Todo modo , Sciascia rispose in maniera pertinente, reagendo così, come aveva fatto in Italia, alle tante accuse a lui rivolte : “ Non credo di aver previsto, con i miei libri, nulla che non fosse prevedibile. La realtà ci offre dei dati che basta saper leggere per cavarne delle previsioni. Ciò non toglie che il verificarsi di certi fatti immaginati mi abbia sgomentato, mi abbia come messo in crisi di fronte alla scrittura, di fronte al mio essere scrittore. Si è fatto un gran parlare dei miei libri rispetto ai fatti accaduti. Le immagini dei film che ne sono stati cavati si sono sovrapposte ai libri. Se si legge bene Todo modo , si vede che ha ben poco a che fare col caso Moro. Ha a che fare col senso della vicenda e non con i fatti “.

Si verificò curiosamente una accelerazione della presenza di Sciascia nelle pagine del “ Corriere del Ticino “ in anni che sarebbero stati gli ultimi della vita dello scrittore. Il 22 gennaio 1987 il quotidiano ticinese pubblicò una intervista di Antonio Ria  a Sciascia sul tema, allora di grande attualità, dei “ professionisti dell’antimafia “ sollevato  dallo scrittore nel suo clamoroso articolo sul “ Corriere della Sera “ del 10 gennaio.

Le affermazioni di Sciascia furono lapidarie : “ Non avevo altra intenzione che quella di portare l’attenzione sull’amministrazione della giustizia in Sicilia. E di come, sotto l’usbergo dell’antimafia, ci sia la solita immobilità, il solito non fare, e la creazione di un potere che diventa, a un certo punto, opprimente per i siciliani “. Sulle accuse del Coordinamento Antimafia di Palermo di fare il gioco della mafia,  Sciascia rispose con parole misurate, ma con grinta : “ In Italia è da quarant’anni che si dice che si fa il gioco di qualcuno o di qualche cosa dicendo una verità. Io dico la verità. Che questa verità sia gradita a qualcuno e sgradita ad altri non me ne importa nulla “. E tirando le somme ? “A questa ultima domanda del giornalista rispose quasi con irritazione : “ Tutta questa polemica contro di me è piuttosto cialtronesca, e se a qualcuno giova, giova appunto alla mafia “.

Come un fulmine a ciel sereno – nonostante si sapesse della sua malattia - giunse la notizia della morte di Leonardo Sciascia.  Nell’ultima edizione di martedì 21 novembre 1989 il quotidiano di Lugano  la annunciò con una finestra in prima, e una intera pagina, la terza, pubblicando anche tre foto. Il titolo : “ Sciascia, un costante impegno letterario e civile “. Poi, il 9 dicembre, il quotidiano ticinese ritornò sulla scomparsa del suo illustre collaboratore pubblicando un lungo e affettuoso  “colloquio” di Domenico Porzio sugli incontri milanesi con lo scrittore amico.

Porzio ricordava le incursioni nelle librerie antiquarie e nelle botteghe di stampe antiche nelle quali lo scrittore – facendo tappa a Milano prima di raggiungere la sua cara Parigi – amava soffermarsi.  Era sempre alla ricerca di qualche pezzo da aggiungere alle sue collezioni di libri di pregio e di incisioni di autore. Porzio scriveva : “Sciascia possedeva l’umiltà del grande scrittore, tanto è vero che non ha mai brigato per ottenere il Premio Nobel. Quando era già malato gli dicevo:  “Leonardo,  guarda che devi guarire perché io, come ho accompagnato Montale, voglio accompagnare anche te a Stoccolma. E lui rideva, convinto che la mia fosse una boutade “.

Pagine e pagine di Sciascia e su Sciascia : ed è come avvertire nuovamente la tensione civile e l’impegno morale dello scrittore illuminista che amava Voltaire e Stendhal ed era affascinato da Manzoni.  Ed stato merito di un organo di informazione della Svizzera dare voce,  fuori dei confini d’Italia , per circa vent’anni – gli anni della maturità e dei successi dello scrittore italiano - , a Leonardo Sciascia, stimolandone la creatività e raccogliendo il suo pensiero in innumerevoli interviste e resoconti di interventi del prestigioso collaboratore .

(1) Il mio ringraziamento più vivo va al Caporedattore - coordinatore del “ Corriere del Ticino “, Francesco Vitale, che mi ha fornito le fotocopie degli interventi di Sciascia, della sua rubrica periodica, delle recensioni e di quant’altro attinente alla collaborazione dello scrittore.

Ringrazio altresì Felice Pinana, dell’Archivio di Stato del Canton Ticino, e i suoi collaboratori, Manuela Cassinari e Nicola Vanetti, che hanno compiuto ricerche archivistiche,  su mia richiesta, sullo stesso argomento.

(in Cartevive – Periodico dell’Archivio Prezzolini e della Biblioteca Cantonale di Lugano, giugno 2009)