In questo primo volume (“Narrativa, Teatro, Poesia”), sono compresi romanzi e racconti (“Favole della dittatura”; “Gli zii di Sicilia”; “Il giorno della civetta”; “Il Consiglio d’Egitto”; “A ciascuno il suo”; “Il contesto. Una parodia”; “Il mare colore del vino”; “Todo modo”; “Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia”; “Porte aperte”; “Il cavaliere e la morte”; “Una storia semplice”); una trentina di “Racconti dispersi”, scritti tra il 1947 e il 1986. La sezione “Teatro e dialoghi” comprende: “L’onorevole”; “Recitazione della controversia liparitana dedicata ad A.D.”, con l’appendice: Dal “diario del canonico Mongitore”; “I mafiosi”. Tre “interviste impossibili”, a Maria Sofia, regina di Napoli; a Napoleone Bonaparte; al generale Jaruzelski; e il “Dialogo tra Candido e l’Inquisitore sulle cose presenti”.
Una golosità è costituita dalla sezione “Poesie e traduzioni”, che comprende lavori di Sciascia di non facile reperimento, testimonianza di una a volte sorprendente e poliedrica attività e interessi: si va dalle poesie de “La Sicilia, il suo cuore”, ai “Foglietti di Diario”, alle “Poesie inedite e disperse”, alle traduzioni poetiche: di Walt Whitman (ma Sciascia era padrone, o almeno masticava l’inglese? Nella nota, doverosamente, Squillacioti avverte che della traduzione non se ne rivendica la paternità); di Victoriano Crémer, Pedro Salinas, Jorge Guillén, Federico Garcia Lorca (del francese e dello spagnolo, Sciascia era padronissimo).
Fondamentali poi, le trecento e più fitte pagine delle “note ai testi” a cura di Squillacioti: preziose per gli spunti e le informazioni e l’opera di “sistematizzazione”. Un’edizione, annota Squillacioti, “che, se non può definirsi critica, vuole essere attenta alla dimensione filolofica e linguistica, e alla genesi del testo: occorreva d’altro canto iniziare, avviare un discorso filologico che si spera venga ripreso, approfondito e, non si dubita, corretto quando altri materiali verranno alla luce, gli epistolari ordinari e i rapporti editoriali ulteriormente chiariti e articolati”. E in queste righe Squillacioti ci fa già intendere che molto altro è in gestazione e attende di essere “scoperto”. Un “cantiere”, quello sciasciano, che ci riserverà ancora molte altre piacevoli sorprese.
(Va. Ve.)
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