Una recensione del volume curato da Albertina Fontana e Ivan Pupo

Nel paese di Cunegonda. Leonardo Sciascia e le culture di lingua tedesca, pubblicata da Ursula Reuter-Mayring, in Horizonte • Nuova Serie - Rivista d’Italianistica e di letteratura contemporanea. (n.5, 2020).

Della recensione in tedesco, pubblichiamo un riassunto. Il testo originale è in allegato.

 Il terzo volume della Collana “Sciascia scrittore europeo” si compone di due sezioni tematiche: Le Culture di lingua tedesca nella lente di Leonardo Sciascia; Scrittori e pubblicisti di lingua tedesca a confronto con Leonardo Sciascia, cui segue una terza parte dicata alle Testimonianze. Un apparato di illustrazioni contribuisce all’ampliamento della prospettiva critica e informativa, proponendo un doppio registro comunicativo, che facilita l’uso efficace e scientifico dei testi. Alcuni contributi, proposti in lingua tedesca, sono affiancati da traduzioni integrali o da riassunti in italiano.

   Di fronte ad un medesimo argomento, il lettore può trovare trattazioni diverse, a livello di tipologia di analisi, di scelte formali e di ricorso alle fonti; i contributi, però, non sono posti casualmente l’uno accanto all’altro, ma trovano il loro filo connettivo, sia nella prefazione articolata di Bruno Pischedda e nell’apparato di note, sia nella struttura del volume, in cui i saggi si differenziano e, al tempo stesso, si completano. Si possono citare come esempio la ricerca di Andrea Schembari «L’occhio e la meraviglia, il reale e il destino. Sciascia lettore di Goethe, tra testo e intertesto» che analizza con rigore scientifico la ricezione sciasciana del Viaggio in Italia (precisamente la sezione riguardante la Sicilia) e, dall’altra parte, la trattazione del medesimo argomento operata dall’amico dello scrittore, Pino Di Silvestro, che si sofferma anche su ricordi ed esperienze dirette. In questo sistema di nessi e contrappunti è possibile collocare i contributi che riguardano la ricezione di Sciascia e della sua opera sulla stampa tedesca, dove si pongono a confronto le analisi di Domenica Elisa Cicala («Ritratti poliedrici di un Einzelgänger) e il contributo di Martin Hollender («Kaum äußert er sich, reagiert die gesamte Nation. Una voce critica: Werner Raith»).

  Al medesimo tessuto di relazioni appartengono i contributi di Albrecht Buschmann («Leonardo Sciascia, il linguaggio e il potere. Una rilettura dell’Affaire Moro»), Chiara Nannicini Streitberger («Partecipare alle vicissitudini del proprio tempo. Leonardo Sciascia e Heinrich Böll»), Alessandro La Monica («Tre interlocutori tedeschi di Leonardo Sciascia: Hans Magnus Enzensberger, Nino Erné, Rudolf Schenda») e così anche i ricordi di Salvatore Costanza («Esperienze di un sodalizio di studi. Leonardo Sciascia ad Heidelberg»). Emergono come temi il terrorismo, la mafia, le nuove forme del romanzo, trattati da punti di vista specifici e differenziati, che attingono alla critica letteraria di giornali e riviste, alla ricerca sociologica, alla critica sociale, alle attività editoriali. Ne deriva un panorama in cui, sotto il tessuto delle vicende contemporanee allo scrittore, si profilano le dinamiche storiche, politiche e letterarie del Secondo Novecento.

   Accanto al saggio di Albrecht Buschmann, altri contributi propongono riflessioni sulla poetica sciasciana, analizzandone la relazione con il genere poliziesco canonico e il rapporto complesso tra storiografia e finzione (Albertina Fontana «Forse una speranza non c’è, Ulrich Schulz-Buschhaus incontra Leonardo Sciascia»), e Maike Albath («Die Wahrheit des Faelschers, Il Consiglio d’Egitto»). 

   Nella sezione Le Culture di lingua tedesca nella lente di Leonardo Sciascia, due saggi attirano l’attenzione: l’uno presenta lo scambio epistolare tra Leonardo Sciascia e Lea Ritter Santini, mediatrice del rapporto dello scrittore di Racalmuto con la chimica tedesca Ida Noddack e il fisico Werner Heisenberg (Ulrike Reuter: «Notevolissime testimonianze a mio favore. Scambi epistolari sul caso Majorana tra Leonardo Sciascia, Lea Ritter-Santini e Werner Heisenberg»), l’altro delinea la passione dello scrittore siciliano per le incisioni di Dürer. In quest’ultimo contributo, Giovanni Maria Fara ricostruisce in modo affascinante il rapporto tra il titolo de Il cavaliere e la morte e la celebre incisione Ritter, Tod und Teufel dell’artista tedesco.

  Partendo dal contributo di Ivan Pupo, che ricostruisce con cura la predilezione di Leonardo Sciascia per gli scrittori austriaci del “crepuscolo di un mondo”, quali Joseph Roth, Hoffmannsthal, Kafka, Hašek, Werfel, Lernet-Holenia, si pone una questione che riguarda più in generale il rapporto del siciliano con la cultura di lingua tedesca, centro della trattazione del volume. Nasce una domanda: accanto agli autori germanofoni ampiamente citati, non ci sono indizi che rimandino a scrittori quali Rainer Maria Rilke, Alfred Döblin, Walter Benjamin, Ingeborg Bachmann, Uwe Johnson? Accanto a Goethe, di cui si tratta ampiamente, non appaiono i nomi di E.T.A Hoffman o Heinrich Heine? Se è vero che Leonardo Sciascia non amava il mito del cosiddetto Deutsches Wesen, l’essenza tedesca, molti intellettuali, tra quelli sopra citati, furono estranei a tale mito. La questione rimane aperta.

   Qui non è stato possibile entrare nello specifico di ogni saggio. Certamente da tutti si possono ricavare aspetti interessanti per l’interpretazione dell’autore. Anche ciò che è conosciuto viene arricchito di nuovi nessi tematici. Di fronte alle questioni che rimangono aperte, la pubblicazione del volume ha offerto un contributo molto significativo: ora ci attende il piacere di una rilettura dell’opera sciasciana.  Restano «l’opportunità e il diletto della rilettura»