Acquistai subito il suo primo romanzo edito nel 1961, Il giorno della civetta. La lettura di questo libro mi appassionò a tal punto che mi diedi subito alla ricerca e all’acquisto delle altre opere da lui pubblicate. Così, se ben ricordo, lessi nell’ordine Le parrochie di Regalpetra, A ciascuno il suo, Il Contesto, Il mare colore del vino, Todo modo, e successivamente tutti gli altri. Da allora, non un solo romanzo, racconto o saggio da lui pubblicato, mi è sfuggito, sino al suo ultimo testo narrativo dal titolo Una storia semplice, uscito in libreria il giorno stesso della sua morte: il 20 novembre 1989.
Il mio incontro con Leonardo Sciascia (11 agosto 1983)
Ho avuto il piacere e l’onore di conoscere personalmente Leonardo Sciascia nell’ormai lontano agosto 1983. Ero in vacanza con mia moglie Silvana e mia figlia Claudia a Porto Empedocle, località da me scelta per le nostre vacanze estive di quell’anno proprio per la sua vicinanza a Racalmuto, il paese di Sciascia. Infatti soltanto una trentina di chilometri divide i due paesi. Saputo che lo scrittore era in vacanza nella sua casa di contrada Noce, mi recai in quella località con la speranza di poterlo incontrare. Fermata la macchina dove presumevo fosse situata l’abitazione dello scrittore, fui avvicinato da un contadino, suo vicino di casa, di nome Nicolò Patito (Nicuzzo), al quale spiegai il motivo della mia presenza in quel luogo. Egli molto gentilmente mi assicurò che Sciascia riceveva tutti senza nessuna distinzione e che se l’avessi voluto egli stesso mi avrebbe accompagnato a casa dello scrittore. Accettai molto volentieri l’invito, perché presentarmi da solo sarebbe stato per me molto imbarazzante. Dopo aver superato il cancello dell’abitazione che, a detta del mio accompagnatore, rimaneva sempre aperto giorno e notte, percorremmo la salitella che conduceva alla casa e sulla porta d’ingresso ci accolse la signora Maria Andronico, moglie dello scrittore, in quanto Leonardo Sciascia era a letto con una leggera forma influenzale. Nell’attesa che andasse a chiamarlo, la signora Maria mi fece accomodare nel salotto. Dopo circa una decina di minuti lo scrittore arrivò e, dopo essermi presentato come un suo appassionato lettore, ci intrattenemmo in conversazione per una ventina di minuti. Parlò quasi sempre lui, mi chiese da dove venivo, quale era la mia professione e come mai mi trovavo in Sicilia. Mi consigliò, se non l’avessi già fatto, di visitare la città di Agrigento, almeno la parte vecchia, ove, a suo dire, le piazze, tutte in pendenza, sembrano in procinto di scivolare l’una sull’altra.
Mi suggerì anche di fare una capatina al monastero delle suore di clausura di “Santo spirito”, famose in tutta la città per i loro squisiti dolci di mandorla. Ricordo poi di aver chiesto la sua opinione sul principale argomento di quei giorni, e cioè la fuga dal carcere svizzero dov’era detenuto, di Licio Gelli, avvenuta proprio il giorno prima, e ovviamente, titolo di prima pagina di tutti i giornali. La sua risposta fu, come al solito, molto ironica: «Anche la Svizzera, come del resto l’Italia, evidentemente, non è più quella di un tempo». Poi si assentò per alcuni minuti, e quando tornò aveva in mano un piccolo libro edito dalla Sellerio, dal titolo “La sentenza memorabile”, sul cui frontespizio scrisse la dedica a ricordo di quell’incontro, per me indimenticabile.
Giampiero Brembilla