L'ottimista Leonardo Sciascia

Sulla prima pagina de L’Unità del 5 novembre 2015 è comparso un articolo di Leonardo Sciascia intitolato La grande sete finirà nel 2015.
   Si tratta di un testo risalente a quasi mezzo secolo fa, che accompagnava il documentario La grande sete, diretto da Massimo Mida e sceneggiato da Marcello Cimino, prodotto nel 1968 dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico. Rimasto per così dire inedito per un quarantennio, era stato rintracciato dal giornalista Giovanni Taglialavoro, che lo aveva pubblicato il 29 aprile 2008 – con il titolo La grande sete in Sicilia finirà nel 2015 – sul sito “Suddovest. Agrigento tra le Alpi e le Piramidi”. A questa prima pubblicazione, due settimane dopo ne era seguita un’altra, nelle pagine dell’edizione palermitana de La Repubblica del 14 maggio.

   Quel che ha reso di drammatica attualità il testo che L’Unità ha ripubblicato, sia pure non integralmente, è la situazione che si è creata nelle scorse settimane a Messina, dove una frana ha messo fuori uso l’acquedotto che fornisce la città. Il testo sciasciano occupa, in prima pagina, lo spazio che un tempo era riservato al cosiddetto articolo di fondo, e prosegue nella parte bassa della quinta pagina, sormontato da questo titolo: “La grande sete finirà nel 2015”. Firmato Sciascia, 47 anni fa. La parte superiore della pagina è occupata da un servizio di Erasmo D’Angelis intitolato Sicilia, dove l’asfalto ha sepolto i fiumi. Il sommario sintetizza la situazione: “L’ultima frana sull’acquedotto di Messina è l’epilogo del fallimento infrastrutturale e politico dell’isola. In quel territorio c’erano 72 corsi d’acqua, oggi ne sono rimasti tre. I municipi costretti a comprare la risorsa da privati”.
   Il testo di Sciascia presenta, con abbondanza di esempi e di dati, la situazione delle forniture idriche in Sicilia, come erano nel 1968. A un certo punto si legge: “Uno dei casi estremi della povertà e dell’incuria del governo nazionale e regionale è quello di Licata. Ma non è purtroppo il solo. Tutta la provincia di Agrigento soffre di una penuria di acqua addirittura inverosimile. Licata è la città più assetata d’Italia: la sua dotazione massima arriva a 35 litri al secondo, ma in questo periodo non supera i 22, con punte frequenti fino a 14 litri al secondo. Talvolta l’acqua viene a mancare perfino trenta giorni di seguito. Anche Favara, grosso centro minerario, il cui nome arabo vuol dire sorgente, è fra i paesi più assetati della provincia di Agrigento. Anche Agrigento, che non ha acqua nelle case, ma ne abbonda invece nel cimitero: paradosso che assurge a simbolo di soluzione metafisica di un problema che resta per i vivi insoluto”.
   Il testo si conclude con un tocco di amara ironia: “Quella poca acqua che c’è ha di queste ipoteche: speculazione, violenza, il profittevole giuoco della rivendita. Un bene pubblico tra i più indispensabili, è dominio del sopruso, dell’affarismo, del capriccio, della mafia. Ma la Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ha offerto in questi ultimi tempi un documento della lungimiranza governativa su cui gli italiani e i siciliani possono fondare le più ampie speranze. Si prevedono opere per un importo di 1844 miliardi di lire: sicché nell’anno 2015 il problema dell’acqua sarà completamente e definitivamente risolto. La Sicilia del 2015 sarà ricca di acque quanto oggi il cimitero di Agrigento. Naturalmente si aspetterà il 2014 per cominciare i lavori”.
   Paradossalmente, nel sarcasmo del pessimista Sciascia c’era un barlume di ottimismo: non era infatti immaginabile, nel 1968, che nel mezzo secolo successivo il problema dell’acqua, in Sicilia, non venisse risolto. E invece… Forse, perché i siciliani possano disporre di sufficienti e sicure forniture idriche, occorrerà attendere il 2023: come in quella canzone di Dalida del 1969. Che però menziona anche il 3033…

Euclide Lo Giudice

 

Il testo completo de La grande sete in Sicilia finirà nel 2015 è disponibile sul sito

http://www.suddovest.it/cms/?q=node/101