Il salice nano

Curiosando sui siti per studenti (Studenti.it, Scuolazoo) nei giorni che precedono gli esami di maturità, ormai conclusi, si incontra il consueto tototema. Quest’anno tra gli autori possibili è comparso anche Leonardo Sciascia; per la precisione è stato annoverato tra gli «autori che non escono da tempo» (in realtà Sciascia non è mai “uscito”).

Tenuto conto che lo scrittore non è nominato direttamente nelle Indicazioni nazionali dei programmi ministeriali, si tratta di una previsione che, giustamente, interpreta quel margine ampio di probabilità che la dicitura «raccomandabile infine la lettura di pagine della migliore prosa saggistica, giornalistica e memorialistica» include. Gli studenti a volte hanno radar più sensibili dei docenti stessi, non fosse altro perché di necessità fanno virtù, cosa che negli anni scorsi qualche volta è risultata provvidenziale.
La presenza episodica e ridotta di un autore come Sciascia nei testi scolastici e nelle programmazioni disciplinari, ogni tanto fa discutere, anche se la discussione si sviluppa ancora in ambiti circoscritti e spesso non propriamente scolastici. In
«Todomodo» VI 2016 (Rivista di Studi sciasciani pubblicata da Olschki), nell’ Editoriale che apre il volume, alcuni autorevoli intellettuali e studiosi si sono espressi sul tema in un dibattito intitolato Leonardo Sciascia e il canone: sei domande di cui un punto ha riguardato Sciascia a scuola. Nell’introduzione ci si pone la domanda del perché uno scrittore così importante nella cultura del Novecento non abbia lo spazio che merita nelle antologie e nei programmi scolastici. In effetti, sfogliando i testi in adozione nelle scuole, si nota che, mentre a Calvino, Pasolini, Pavese, Gadda, in un caso anche Primo Levi, si ascrive finalmente lo status di classici del Novecento e a loro sono dedicati moduli monografici, Sciascia è inserito in moduli tematici o di genere, che vanno dalla figura dell’intellettuale alla narrativa del secondo Novecento. Di tutti i suoi testi si trovano quasi solo passi da Il giorno della civetta in riferimento alla dimensione di mafiologo (e sappiamo quanto tale etichetta desse fastidio al Nostro). Le motivazioni di questa assenza, addotte nei contributi degli studiosi, sono varie e tutte legittime: l’arretratezza endemica della scuola, i programmi ingessati, il suo essere intellettuale scomodo rispetto al potere, la critica ostile o distratta, la difficoltà del suo stile, la complessità di ogni sua pagina che in una piccola superficie riporta una stratigrafia immensa di argomenti e contenuti, l’equivoco del regionalismo. È tutto vero, ma ora, forse, è tempo di agire. Se si riconoscono in Sciascia gli elementi della sua grandezza e tutte le caratteristiche di un classico, come da tempo ormai sostengono molti docenti e studiosi, non si può più aspettare una riforma dall’alto, che probabilmente non arriverà a breve, e proprio dalla scuola vera e vissuta si deve partire. La lettura delle sue opere in classe, insegnanti e studenti insieme, permette di affrontare i temi più disparati, in un esercizio continuo dello spirito critico e della libertà di pensiero, e offre anche l’opportunità di considerare i diversi generi letterari fin dal primo anno di studi. La fiaba, la favola, il romanzo storico, il giallo irrisolto, il pamphlet, il saggio, l’epistola, l’articolo di giornale, l’intervista, addirittura la poesia: non esiste tipologia di scrittura in cui l’autore italiano, «ispano-siculo, arabo-siculo, universale» –per dirla con Calvino– non si sia espresso e che dal punto di vista didattico non rappresenti uno strumento efficace di cultura e sapere.
Nel tempo la critica dominante e a volte anche l’università ci hanno imposto indirettamente selezioni innaturali e
damnatio memoriae degli autori (un nome su tutti, Borgese). Tocca agli insegnanti lettori individuare e far crescere, nel bosco della letteratura, il salice nano:
«Dove la foresta alpina si dirada e la montagna, in alto, diventa nuda, lassù cresce l’albero più piccolo della terra: il salice nano che si difende dal vento aggrappandosi al suolo e ruba il calore alla roccia che il sole illumina. La neve lo copre per sette mesi all’anno. È stata lunga la mia stagione sotto la neve; ecco, nella foresta della letteratura sono un salice nano» (Mario Rigoni Stern, “Al lettore”, da Storie dall’altipiano, I Meridiani, 2003).

Roberta De Luca