Leonardo Sciascia: Terra e cibo. 4. Da “Per un ritratto dello scrittore da giovane”

Con questo libro, pubblicato da Sellerio nel 1985, Sciascia ricostruisce momenti fondamentali della vita giovanile di Giuseppe Antonio Borgese e ci descrive interessanti aspetti della vita economica, sociale, e della quotidianità, di quell’epoca (fine 1800) e in particolare di Polizzi Generosa, importante paese delle Madonie, in provincia di Palermo, dove Borgese era nato nel 1882, e di Palermo e Firenze dove aveva studiato.

 

Il ritratto Sciascia lo fa attraverso un pacchetto di lettere e corrispondenze tra Borgese e i suoi famigliari. Giuseppe Antonio Borgese è uno scrittore molto amato da Sciascia, per le sue importanti opere e ancor più per la sua poliedrica figura di intellettuale, di respiro europeo, veramente libero. Borgese, infatti, fu uno tra quei pochi professori universitari (prima ancora di quel gruppetto di dodici professori che rifiutarono il giuramento di fedeltà al Fascismo), che subì l’empia avversione e l’ostracismo fascista e fu costretto a trasferirsi negli Stati Uniti. Dunque, uno scrittore e intellettuale scomodo che con il suo esempio aveva dato molto fastidio ai fascisti, ma anche, dopo, a tanti Antifascisti e convertiti che detestavano la sua onestà morale e intellettuale. Quei tanti che, come dice Sciascia: «Servirono encomiando, credettero poi di riscattarsene codardamente oltraggiando». Infatti, nel dopoguerra, Borgese, e le sue opere, anche dopo la morte, caddero nel dimenticatoio. E fu proprio Sciascia a riparlare di Borgese e a farne ripubblicare dalla Sellerio alcune sue opere, facendocelo scoprire e riscoprire in tutta la sua grande figura di uomo e intellettuale. E a tal proposito, ricordo emblematicamente le pagine, tratte dal romanzo di Borgese Rubè, che Sciascia inserì nella sua antologia “La noia e l’offesa - Il fascismo e gli scrittori siciliani”, pubblicata da Sellerio nel 1976. Libro, come i tanti di Sciascia, raro, prezioso, illuminante.

E di Borgese, tra le sue opere, ricordiamo Le poesie, i romanzi Rubé e I vivi e i morti, le novelle Le belle, il saggio Golia, la marcia del fascismo. Il suo esilio negli USA iniziò nel 1931 e si concluse nel 1948 quando rientrò in Italia; morì a Fiesole nel 1952.

Ma, ecco, dal libro Per un ritratto dello scrittore da giovane, tra tanti riferimenti alla terra e al cibo, il passo di una lettera in cui il giovane Borgese descrive il pranzo particolarmente ricco per il compleanno dello zio Luigi (che possiamo definire un pranzo della festa emblematico di una famiglia borghese di fine ‘800): «… Pasta al burro, galletti abbraciati con guarnimento di patate, uova fritte, insalata, albicocche, nespole e domestici, e finalmente la cassata. Non c’è male, eh?». Un pranzo niente male, che Sciascia spiega e descrive con cognizione di un gran gourmet o di uno storico dell’arte di vivere. Dalla pasta al burro, considerata una eccezione per la preziosità del burro, ai galletti abbraciati, cioè cotti alla brace, ai domestici che sono dei carciofi tardivi che arrivano dalle Madonie, e alle uova che segnavano l’abbondanza e la suprema sostanziosità. Quella stessa lettera di Borgese descrive la Palermo del 1894, che non è molto cambiata dalla Palermo del 1933, anno in cui la vide per la prima volta il giovane Sciascia, che la descrive come una bellissima città: «… ma come avvolta in un’aura di fritture, che ad uno che venisse da altre parti del regno dava conferma della malafama dei palermitani in quanto gente dedita al mangiare forte …». Ed ancora, un altro pezzo importante del libro, di Borgese studente universitario a Firenze, quando riceveva i pacchi che la famiglia periodicamente dalla Sicilia gli inviava; e qui Sciascia parla di quei prodotti agroalimentari che il pacco conteneva, come i mandarini, i pirittoni che sono i cedri, e, soprattutto le sfogliate che Sciascia così descrive: «le sfogliate di Polizzi non hanno niente a che fare con quelle napoletane e ormai di tutta Italia: sono delle torte, grandi o piccole, in cui è impasto di cioccolato e formaggio pecorino fresco. E ce ne vuole per rendere non identificabile il sapore del pecorino fresco. Ma il nome che a questo dolce si dà a Polizzi è semplicemente sfoglio …».

E dunque, seguendo le suggestioni letterarie di Leonardo Sciascia e di Giuseppe Antonio Borgese, andiamo a scoprire o riscoprire nei particolari, anche con la ricetta, lo Sfoglio: un raro e prezioso prodotto, una antichissima specialità creata nel 1600 dalle suore di un convento di Polizzi Generosa e poi diffusa in tutto il comprensorio delle Madonie di cui Polizzi, che si erge su una rocca a 920 metri, per la sua strategica posizione, bellezza e storia, ne rappresenta una simbolica capitale. Lo Sfoglio è inserito nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Sicilia, riconosciuti dalla Regione Sicilia.

 

LO SFOGLIO

Lo Sfoglio è un dolce composto da Pasta Frolla farcita di Tuma, Zuccata, Albume d’uovo, Cioccolato, Zucchero, Cannella. (La Tuma è il formaggio pecorino appena cagliato, ancora impregnato di siero e senza sale).

 

Preparazione

Per la Pasta frolla:

400 gr. di farina; 200 gr. di burro, 200 gr. di zucchero; 4 tuorli d’uova; 3 cucchiai di Marsala; scorza di limone; un pizzico di sale.

Disporre la farina a conca dove si mettono gli altri ingredienti. Impastare il tutto e farlo ben amalgamare. Dare una forma a palla all’impasto, avvolgerlo in un panno e riporlo per un bel po’ nel frigo.

Per il Ripieno:

400 gr. di Tuma; 200 gr. di Zucchero; 25 gr. di Cannella in polvere; 200 gr. di Cioccolato fondente (a scaglie); 100 gr. di Zuccata tagliata a piccoli cubetti; due albumi d’uovo montati a neve; un po’ di zucchero a velo.

Mescolare la tuma grattugiata con gli albumi sbattuti con lo zucchero, con la cannella, il cioccolato a scaglie, la zuccata. Amalgamare bene e mettere da parte.

 

Procedimento finale

Riprendere la pasta, spianarla formando sfoglie di circa 1 cm di spessore. Foderare con la Sfoglia il fondo e le pareti di una teglia unta d’olio di oliva, dove si versa e si stratifica il ripieno. Quindi si copre lo strato del ripieno con un’altra sfoglia, si chiudono bene i bordi della pasta e si inforna la teglia facendola cuocere per circa un’ora. Dopo la cottura si cosparge in superficie con lo zucchero a velo. Da mangiare fredda.

Salvatore Vullo