Leonardo Sciascia: Terra e cibo. 5. Da “Gli zii di Sicilia"

Ricco di argomenti su cibo, mondo contadino, paesaggio agrario e rurale è anche il libro Gli zii di Sicilia, pubblicato da Einaudi nel 1958, composto da quattro lunghi racconti. In uno di questi, La zia d’America, ambientato tra lo sbarco degli americani in Sicilia nel 1943 e l’immediato dopoguerra, emerge l’America che ci ha liberati e che ci nutre, ci veste con i pacchi che i parenti (gli zii d’America) inviavano in Sicilia; non c’era famiglia che non aveva parenti emigrati negli Stati Uniti. Ed era estasiante, specie per i bambini, l’apertura di quei pacchi, dove si scoprivano cose mai viste o immaginate: biscotti alla menta, spaghetti in scatola, scatole di aringhe e succhi di arancia, pacchetti di chewing gum, ecc. E, più avanti, quando la zia d’America ritorna in Sicilia e si rende conto del cambiamento, delle differenze, delle contraddizioni. A cominciare dal pranzo al ristorante dopo il loro arrivo e nella convivenza dei giorni seguenti, quando la zia rileva, delusa, che i suoi parenti non sono morti di fame, che non mangiano e non indossano le cose americane che lei inviava, e che non gli manca il pane di frumento, l’olio di oliva, latte, carne, uova.

Ne Il quarantotto, altro racconto del volume Gli zii di Sicilia, si viaggia sui livelli storici letterari di opere come I Vicerè di De Roberto, I vecchi e i giovani di Pirandello, Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, con le stesse speranze e delusioni; un grande affresco di storie, fatti e personaggi della Sicilia, dai moti del 1848 alla campagna Garibaldina del 1860 narrati in prima persona dal giovane protagonista. In questo racconto-romanzo gli elementi legati a cose agricole, rurali e al cibo sono tanti, a cominciare dal padre del protagonista che cura la tenuta agricola del barone, alla descrizione della economia agricola e della produzione della città di Castro dove si svolge la storia. E, fra i tanti pezzi, significativo è l’episodio quando a Castro arrivano i Garibaldini, e il colonnello Türr, responsabile della intendenza, cerca qualcuno del paese che sapesse far di conto e gli procurasse le pecore per far mangiare le truppe; ed è il protagonista del racconto (l’io narrante) che si offre per quel compito, a cui il colonnello Türr dice: «io ti dico che bisogna preparare circa millecinquecento razioni, e di 400 grammi ciascuna; ora tu sbrigatela con i rotoli e mezzi rotoli, fammeli diventare chilogrammi, e poi pecore; io solo questo voglio sapere: quante pecore –. Feci il conto con una gran paura di sgarrare, dissi – trentasette pecore – e Türr mi battè sulla spalla sorridendo – Bravo!». Ed infine, quando il Barone ospita Garibaldi e il suo seguito per i quali ha fatto preparare caraffe di vino, ciambelle, pandispagna, pozzetti di gelato.

L’ultimo racconto de Gli zii di Sicilia è L’antimonio. In cui Sciascia descrive la storia di un minatore siciliano che, per fame e disperazione, si arruola volontario tra le truppe fasciste che vanno a combattere nella guerra civile spagnola a fianco dell’esercito franchista. Un racconto sublime, profondo e intenso, che ci aiuta a comprendere la guerra civile spagnola (1936 – 1939) più di tanti saggi. Nel racconto, infatti, ecco che cosa fa dire Sciascia al suo minatore: “… sapete che cosa è stata la guerra di Spagna? …Se non lo sapete, non capirete mai quel che sotto i vostri occhi oggi accade, non capirete mai niente del fascismo del comunismo della religione dell’uomo … perché tutti gli errori e le speranze del mondo si sono concentrati in quella guerra …” Il racconto è anche un grande omaggio di Sciascia alla Spagna, anzi una dichiarazione d’amore, perché Sciascia “aveva la Spagna nel cuore”; per quella Spagna così simile alla Sicilia; per quella Sicilia cosi intrisa di Spagna; per quei profondi rapporti, stratificati nei secoli, tra Sicilia e Spagna, scarsamente studiati, come lamentava Sciascia. Ma ecco alcuni passaggi emblematici, specie sul paesaggio agrario e rurale, de L’antimonio: “… A Siviglia mi pareva a momenti di camminare per le strade di Palermo … E anche la campagna era come quella della Sicilia: nella Castiglia desolata com’è tra Caltanissetta ed Enna …”. “… Sul fronte dell’Aragona … guardando con un binocolo, si vedevano oltre le linee repubblicane i contadini, coi pantaloni neri la camicia color turchinetto e il cappello di paglia, reggere l’aratro che una pariglia di muli … trascinava … con un vomere non più grande di una piccozza, che i contadini del mio paese ancora usano, e fa un solco che è un graffio, appena rimuove la secca crosta della terra. … È bella la campagna in autunno, il frullo delle pernici che s’alza improvviso, la leggera nebbia da cui traspare bruna e azzurra la terra. L’Aragona è terra di colline, la nebbia vi si impiglia, tra nebbia e sole diventano più belle …”. “Ho passato sotto Concud … il più atroce Natale della mia vita … tutte le immagini della pace e della casa … la messa di mezzanotte … l’odore di cappone che bolliva in cucina, il colore delle arance sulla tovaglia bianca, venivano a contrasto con la realtà della guerra. La nostra festa, in una stalla mezza sfondata dalle cannonate, fu un vino asprigno, che ancora sapeva di mosto e un paio di pacchetti di sigarette amaricane …”. Ed ancora: “… Ma è bella la Spagna? – insistevano. – È come la Sicilia – dicevo – verso il mare bellissima, piena di alberi e di vigne; all’interno arida, terra di pane, come diciamo noi, e di pane scarso …”

E concludiamo questa escursione letteraria con due specialità dolciarie, citate nel racconto Il quarantotto, quelle che il Barone Garziano offre nel ricevimento in onore di Garibaldi, “Ciambelle” e “Pandispagna” (anche come altro omaggio alla Spagna che, con Sciascia, abbiamo nel cuore). E di questi due prodotti ne facciamo una breve descrizione e ne illustriamo le ricette.

 

CIAMBELLE

Grandi come una mano, a forma ovoidale, piatta, convessa, le ciambelle sono dei superbi biscotti, morbidi, fragranti, profumati e gustosissimi; ideali anche da inzuppare nel latte. Prodotti speciali e di lusso, visti gli ingredienti.

Ingredienti

1 Kg di farina per dolci; 700 gr di zucchero; 10 uova; Una bustina di lievito; Una bustina di vaniglia

Preparazione

Rompere le uova e separare l’albume dai tuorli. Sbattere e far montare l’albume e a parte sbattere i tuorli mischiati allo zucchero. Mescolare questi due preparati, aggiungendovi la farina, il lievito e la vaniglia e impastare bene il tutto. Da tale impasto, con un cucchiaio si modellano le ciambelle che vengono messe direttamente nella teglia da far cuocere al forno.

 

PANDISPAGNA

Un dolce tipico siciliano speciale, morbido, fragrante, gustoso e profumato; così chiamato in onore dei reali di Spagna; ottimo da mangiare così com’è o farcito con creme; ma ricordando che il pandispagna fa anche da base e componente della cassata.

Ingredienti

5 uova; 200 gr di zucchero; 200 gr di amido; Una bustina di lievito; Una bustina di vaniglia; Un pizzico di sale.

Preparazione

Rompere le uova e separare i tuorli e l’albume; far sbattere i tuorli con lo zucchero e a parte far montare l’albume delle uova. Mescolare poi il tutto aggiungendo tutti gli altri ingredienti (amido, vaniglia, lievito, sale). Fare amalgamare bene e poi versare uniformemente su una teglia unta di burro e di farina; far cuocere in forno per circa mezzora. Si può anche mangiare ammorbidendolo con uno spruzzo di Zibibbo o altro vino liquoroso.

Salvatore Vullo