PER UNA BATTAGLIA «D'ALTRI TEMPI, SPERIAMO FUTURI»

Aprile 04, 2024 1074
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PROGETTO DI LEGGE SCIASCIA-TORTORA

All’indomani della scomparsa di Leonardo Sciascia, Marco Pannella consegnò a Notizie radicali un commiato che si concludeva con ciò che era, insieme, una presa d’atto e un auspicio: «Con Sciascia ci lascia un uomo d’altri tempi, speriamo futuri». Questa speranza non è però profetica, ma costituisce un invito all’azione, all’impegno per la realizzazione, per quanto possibile, di tempi appunto altri, diversi e migliori del presente.

In questi giorni, in cui il Parlamento discute di riforma della giustizia, quell’invito all’azione risuona con specifica intensità. Di tutte le dichiarazioni intorno al «problema della giustizia» che Sciascia ha impresso nei suoi scritti, nelle sue interviste, nei suoi interventi parlamentari, una in particolare appare carica di puntuale attualità. Scrivendo sul Corriere della sera a proposito delle carenze e disfunzioni dell’amministrazione della giustizia, Sciascia osservò che «Un rimedio, paradossale quanto si vuole, sarebbe quello di far fare ad ogni magistrato, una volta vinto il concorso, almeno tre giorni di carcere fra i comuni detenuti. Sarebbe indelebile esperienza, da suscitare acuta riflessione e doloroso rovello ogni volta che si sta per firmare un mandato di cattura o per stilare una sentenza».

Il momento storico che fa cornice a questa dichiarazione non è casuale. L’articolo è infatti del 7 agosto 1983: nemmeno due mesi prima, il 17 giugno, Enzo Tortora era stato arrestato, e il suo mandato di cattura era stato autorizzato, v’è da sospettarlo, senza «acuta riflessione e doloroso rovello». Iniziava così il caso di malagiustizia con cui si identificano, ancora oggi, le carenze e disfunzioni del sistema giudiziario italiano. E vi si identificano non per carenza di altri esempi, ma perché, come Sciascia precisò nel suo articolo, quel caso non solo anticipava una costante che sempre si è riprodotta negli anni seguenti (il ricercato «clamore» che serve a conferire «ulteriore spettacolarità dell’operazione»), ma provava che se un errore così grave può colpire «un uomo che gode di tanta popolarità e simpatia», allora «può capitare a qualsiasi cittadino italiano». Il «caso Tortora» è il «caso Italia».

Proprio facendo riferimento al rimedio paradossale di Leonardo Sciascia e alla battaglia “per una giustizia giusta” di Enzo Tortora, l’Associazione Amici di Leonardo Sciascia si è unita ad altre organizzazioni (come ITALIASTATODIDIRITTO, la Fondazione Enzo Tortora, la Società della Ragione) per ridare voce alle loro vivide e straordinarie voci, proprio in merito alla discussione sul sistema giudiziario in corso da tempo nella società e nel Parlamento.

È nata così la “Proposta di Legge Sciascia-Tortora” che si articola in due semplici previsioni:

  • che l’attività formativa del magistrato comprenda anche lo studio della letteratura dedicata al ruolo della Giustizia e del diritto penitenziario;
  • che i magistrati in tirocinio svolgano un periodo di quindici giorni di esperienza formativa in carcere.

[Il testo completo può essere letto qui]

La prima proposta vuole arricchire il quadro della formazione del magistrato con esperienze culturali che lo aiutino ad adottare un approccio anche filosofico e umanistico alla delicatissima funzione che si accinge ad esercitare. La proposta fu del resto enunciata in termini molto simili dallo stesso Carlo Nordio, il 18 novembre 2011 a Palermo, durante il secondo Leonardo Sciascia Colloquium, quale prima proposta che avrebbe indirizzato al Parlamento se mai fosse divenuto Ministro della Giustizia. La lettura dei testi sciasciani, insieme agli interrogativi sulla giustizia che solleva Enzo Tortora nelle sue lettere dalla prigionia, sono un invito alla riflessione sul ruolo del magistrato, e sulla immensa responsabilità che grava su chi si accinge a giudicare.

La seconda proposta fa emergere la necessità di effettuare un’esperienza significativa della vita in carcere da parte dei giovani magistrati. Accostarsi all’umana sofferenza che accompagna la restrizione della libertà personale e partecipare direttamente della condizione in cui versano le persone detenute e il sistema carcerario servono a ricordare che l’esercizio della funzione giudiziaria non si risolve in un fatto solamente tecnico, abbisognando sempre di adeguata «scienza del cuore umano». Questa iniziativa trae ispirazione dall’esempio della Scuola della magistratura francese di Bordeaux (che consente ai giovani magistrati francesi in tirocinio di sperimentare, dal di dentro, l’esperienza della vita in carcere) e dall’impegno di Valerio Onida, che fu determinatissimo nell’organizzazione di stage dei magistrati presso gli Istituti penitenziari, ispirati dalla sua esperienza di volontario presso lo Sportello giuridico del Carcere di Bollate e dalle sue visite in carcere.  

I deputati di +Europa Riccardo Magi e Benedetto Della Vedova si sono impegnati a promuovere un intergruppo parlamentare per raccogliere il più ampio e trasversale consenso intorno alla proposta.

 

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Ultima modifica il Mercoledì, 08 Maggio 2024 15:44