Letteratura, incisione e tessuti

Biella e Prato sono due dei distretti tessili più importanti d’Italia. La città piemontese è famosa nel mondo per le sue lane pettinate di eccelsa qualità, mentre quella toscana un tempo era nota soprattutto per i tessuti cardati ricavati dalla lavorazione degli stracci. Negli ultimi decenni l’industria tessile pratese si è però ampiamente evoluta e diversificata, trattando fibre di ogni genere e producendo tessuti di qualità anche altissima.
   Non so se qualche scrittore abbia scritto di Biella e della sua industria laniera. Dell’industria tessile della Prato di un tempo, ma soprattutto del commercio delle balle di stracci che la alimentavano, ha invece scritto pagine vivissime Curzio Malaparte. Il sesto capitolo del suo Maledetti toscani – che si apre con l’epigrafe “Tutta a Prato va a finire la storia d’Italia e d’Europa, tutta a Prato, in stracci” – è una descrizione colorita, molto ‘malapartiana’, anche di ciò che i ragazzi trovavano nelle balle di stracci che arrivavano a Prato da tutto il mondo.


   Al di là dell’attività industriale, e della competizione esistente tra i due distretti, per alcuni decenni le due città sono state legate l’una all’altra, sotto l’aspetto culturale, per via dell’organizzazione di due premi piuttosto importanti, ciascuno nella propria specializzazione: il Premio internazionale Biella per l’incisione, creato nel 1963 e ancora attivo, e il Premio Letterario Prato, fondato nel 1948 e la cui ultima edizione ha avuto luogo nel 1991.
   È ben nota la passione di Leonardo Sciascia per l’incisione e la grafica nel suo complesso, ed è quindi possibile che durante la sua vita egli abbia avuto modo di interessarsi della manifestazione biellese. Quanto al premio letterario pratese, nel 1960 lo scrittore di Racalmuto fu uno dei tre vincitori ex aequo del riconoscimento, grazie a L’antimonio, ultimo – in ordine cronologico – dei quattro lunghi racconti della raccolta Gli zii di Sicilia. Gli altri due vincitori furono Beppe Fenoglio con il romanzo Primavera di bellezza e Leone Sbrana con il diario Giorni che sembrano anni. Un’approfondita ricostruzione della partecipazione di Sciascia al premio pratese si può leggere nel saggio di Riccardo Donati La parte dello Spirito Santo. Sciascia vincitore del “Premio Letterario Prato”, pubblicato nella rivista internazionale di studi sciasciani Todomodo - Anno VI - 2016.
  
A legare insieme i due premi – che in effetti non avevano nulla in comune – pensò, con il suo spirito irriverente e mordace, il pittore, incisore, scrittore Mino Maccari. Toscano di Siena, era molto amico di Sciascia. In una nota di Nero su nero, scritta in occasione della morte di Ennio Flaiano, si legge: “Rimpiango di non averlo conosciuto – scrive Sciascia –. Benché avessimo un grande comune amico: Maccari, nel cui studio di via del Leoncino sempre ci sbagliavamo di poco, ad incontrarci. ‘C’è stato Flaiano’, mi diceva a volte Maccari; oppure: ‘Flaiano verrà nel pomeriggio’, quando io nel pomeriggio dovevo partire”. E prosegue: “Dieci giorni fa, incontrando Maccari a Mazzarò, subito gli ho detto che avevo sperato che fosse venuto con Flaiano. ‘È in una delle Americhe, non ricordo quale’, mi rispose Maccari. Forse scherzava, forse davvero Flaiano era andato in una delle Americhe”. Per l’amico Leonardo Sciascia, Mino Maccari nel 1976 disegnò un ex libris – “Todo modo Sciascia lodo” – che è stato riprodotto nei volumi della collana “Porte aperte”, pubblicata tra il 1995 e il 2008 dalla casa editrice La Vita Felice, a cura dell’Associazione Amici di Leonardo Sciascia.
  
Tornando a Prato e Biella, e ai premi organizzati nelle due città: forse soltanto uno spiritaccio come Maccari poteva trovare il modo di legarli insieme, superando con una battuta fulminante la rivalità che sempre è corsa tra i due distretti tessili. La si può leggere nel capitolo “Avvenimenti previsti” dell’aureo volumetto Con irriverenza parlando, pubblicato dal Mulino nel 1993: “Il pittore Casorati presiede contemporaneamente la Giuria del Premio Biella e la Giuria del Premio Prato e viene accusato di tenere il piede in due stoffe.”

Euclide Lo Giudice