Venticinque anni dell’Associazione Amici di Leonardo Sciascia

L’Associazione Amici di Leonardo Sciascia è stata fondata il 26 giugno 1993, venticinque anni fa, nel corso di una riunione avvenuta nelle stanze del Centro Stendhaliano della Biblioteca Centrale di Milano. E proprio per solennizzare il primo quarto di secolo di vita del sodalizio, l’assemblea ordinaria dei soci del 2018 si è tenuta, lo scorso 7 aprile, nella Sala del Grechetto di Palazzo Sormani, che appunto ospita la Biblioteca Centrale milanese.

 

   Come sanno tutti i suoi lettori e conoscitori, Stendhal era uno degli scrittori più amati da Leonardo Sciascia (si veda in proposito la raccolta degli scritti di tema stendhaliano L’adorabile Stendhal, curata per Adelphi nel 2003 dalla moglie Maria Andronico Sciascia). E da un testo intitolato “Appunto per un discorso sul mistero di Stendhal”, del 3 novembre 1983, è tratto il brano che fa da epigrafe al sito internet dell’Associazione: “Si sa che in Francia è frequente l’aggregazione di lettori particolarmente fedeli al nome di certi scrittori: associazioni che si dicono di amici: Amici di France, Amici di Giraudoux, Amici di Buzzati (e credo Buzzati sia uno dei pochi scrittori stranieri a godere in Francia di una cerchia di amici); associazioni che con quelle degli Amici del Libro, cui si debbono felicissimi incontri tra opere letterarie e autori che illustrano, sono segni di una civiltà intellettuale a noi quasi ignota”.
  
La Sala del Grechetto è adiacente alle stanze del Centro Stendhaliano, che comprende il Fondo Stendhaliano Bucci e la Raccolta Stendhaliana Pincherle. Nella stanza più grande sono conservate le due librerie a vetri che già a Civitavecchia contenevano i libri del Console di Francia Henri Beyle, e le scaffalature che accolgono i volumi stendhaliani messi insieme nel corso di una vita dal pediatra triestino Bruno Pincherle. È emozionante poter vedere da vicino, protetti dai vetri delle due librerie, i volumi che due secoli fa appartennero a Stendhal e che, dopo varie peripezie, sono fortunatamente e fortunosamente approdati – come forse avrebbe detto Leonardo Sciascia – alla Biblioteca della città più amata da “Arrigo Beyle Milanese”. (Per la storia del Centro stendhaliano, si vedano Il Centro Stendhaliano alla Biblioteca Comunale di Milano di Gian Franco Grechi, I Quaderni di Palazzo Sormani n. 23, Milano 1999, e le notizie reperibili in rete.)
   Nella seconda delle due note a piè di pagina che compaiono nel terzo capitolo de La scomparsa di Majorana, Sciascia fa implicitamente riferimento a una sua visita al Centro Stendhaliano. Nella nota, dedicata alla precocità di Stendhal, a un certo punto si legge: “La sua grafomania è poi come un modo di espandere nello spazio una vita che sente minacciata di brevità nel tempo: un lasciare ‘tracce di vita’ su qualsiasi spazio si trovi a portata della sua mano (commuove, tra le cose del ‘fondo Bucci’ ora alla Sormani di Milano, la scatola della cipria – o del tabacco – all’interno tutta scritta).” È molto probabile che Gian Franco Grechi – conservatore del Centro Stendhaliano dal 1969 al 1999, e tra i soci fondatori dell’Associazione Amici di Leonardo Sciascia – abbia mostrato la scatola a Sciascia, e gli abbia consentito di prenderla tra le mani, insieme ad alcuni dei libri appartenuti a Stendhal e preziosi soprattutto perché pieni delle postille manoscritte dello scrittore.
  
Nella stanza che accoglie il prezioso patrimonio librario sono appesi due ritratti. Si trovano nello strettissimo spazio compreso tra una porta e una delle librerie a vetri un tempo appartenute a Henri Beyle. Il primo, più grande, è il ritratto a olio di Stendhal dipinto nel 1835 da Jean-Louis Ducis; subito sotto, molto più piccolo, c’è il ritratto di Donato Bucci, disegnato a pastello da Filippo Caetani nel 1863. Le dimensioni e anche la qualità dei due ritratti certificano, per così dire, la diversa importanza dei due personaggi. Quanto al loro posizionamento, quasi sicuramente Bucci, l’antiquario di Civitavecchia grazie al quale i libri del Console Beyle non andarono dispersi, ne sarebbe stato entusiasta. Se il suo nome è ancora ricordato, è infatti perché lui ebbe cura dei libri che il suo amico Console di Francia lasciò a Civitavecchia.
   Nell’Associazione Amici di Leonardo Sciascia io sono entrato soltanto nell’estate del 1996. Fino ad allora non ne avevo saputo nulla. Appresi dell’esistenza del sodalizio da un breve articolo della Domenica de Il Sole 24 Ore, che riportava il recapito telefonico di Francesco Izzo, uno dei soci fondatori e allora, se ben ricordo, segretario dell’Associazione. Gli telefonai e gli dissi subito che non avevo mai avuto la fortuna di conoscere personalmente Leonardo Sciascia, e che quindi non potevo considerarmi un suo amico: ero soltanto, da almeno venticinque anni, un appassionato lettore delle sue opere. Non sapevo se questo fosse un titolo sufficiente per entrare a far parte dell’Associazione. Fu una conversazione piuttosto lunga, alla fine della quale fui invitato a iscrivermi. Da allora è trascorso più di un ventennio. Dapprima il mio contributo alla vita associativa è stato quasi inesistente, a causa dei miei impegni lavorativi, che non mi lasciavano molto tempo libero; poi, andato in pensione, ho potuto offrire il poco di cui sono capace.
   Perché decisi di iscrivermi all’Associazione? Una volta me lo sono chiesto, e la risposta che mi sono dato è stata questa: per manifestare la mia gratitudine a un grande uomo che è stato anche un grande scrittore e un maestro di vita. Ho anche pensato che mi sarebbe piaciuto averlo come padre – e subito mi sono detto che lui, ironicamente, avrebbe commentato: “Non ricominciamo coi padri”.
   Quando, nella stanza principale del Centro Stendhaliano della Biblioteca Sormani, ho visto i ritratti di Stendhal e di Donato Bucci – grande il primo, piccolo il secondo, e per di più collocato quasi all’ombra del primo – mi è passato per la testa un pensiero curioso. Ho immaginato che al posto del ritratto di Stendhal ce ne fosse uno di Leonardo Sciascia, e che il ritratto di Donato Bucci rappresentasse per così dire tutti noi Amici dello scrittore di Racalmuto: consapevoli della sua grandezza, grati per le tante opere che ci ha donato e per le lezioni di vita che continua a impartirci, e perciò lieti di ringraziarlo e rendergli omaggio, ognuno come sa e può.
   È stata una strana sensazione, che mi ha fatto scattare nella memoria il ricordo di un capitolo della Vita di Nicolò Machiavelli fiorentino, godibilissima biografia romanzata scritta da Giuseppe Prezzolini nel 1926, in un italiano molto fiorentino. Il capitolo è intitolato semplicemente “Biagio” e descrive l’amicizia di un uomo semplice e modesto – Biagio Bonaccorsi, coadiutore e amico dell’autore del Principe – nei confronti del suo superiore, di cui riconosce la grandezza e che ammira. Quanto alla grandezza di Leonardo Sciascia, fin da ragazzo doveva esserci in lui qualcosa che lo distingueva dagli altri. Lo avevano percepito alcuni suoi compagni di scuola quando, appena quindicenne, lo avevano issato sulle loro spalle, riconoscendo la sua superiorità: come si può notare in una fotografia che compare anche ne Il Maestro di Regalpetra di Matteo Collura.

Euclide Lo Giudice