CARLO NORDIO, SCIASCIA E L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA

Intervenendo al Convegno internazionale di studi organizzato in occasione dei cinquant’anni de Il giorno della civetta (18 /19 novembre 2011), Carlo Nordio – allora procuratore aggiunto del Tribunale di Venezia – concluse con una battuta la propria relazione: se fosse mai diventato Ministro della Giustizia – come pure in quei giorni si era ipotizzato, vista la contemporanea formazione di un nuovo esecutivo – avrebbe adottato, tra i suoi primi atti, quello di introdurre la lettura dell’opera omnia di Leonardo Sciascia tra le prove richieste per accedere alla carriera in magistratura. (La registrazione dell’evento è disponibile sul sito di RadioRadicale al momento 2:15:37 ).

Una battuta, certo, ma rivelatrice di una familiarità di Nordio con l’opera di Sciascia che appare oggi, ossia nel momento in cui Nordio è davvero diventato Ministro, di particolare interesse. Già in Seminario sulla giustizia, tenutosi a Milano vent’anni fa, Nordio spiegava di essersi avvicinato a Sciascia grazie a Calogero Mannino, il cui sollecito consiglio lo aveva indotto a superare – lui veneto – la percepita barriera della “sicilianità” del Maestro di Racalmuto. (Anche la registrazione di questo evento è disponibile sul sito di RadioRadicale al minuto 1:11:50; l’intervento di Nordio è stato peraltro raccolto nel Quaderno Leonardo Sciascia curato da L. Pogliaghi)

Stabilito il primo contatto, per così dire, l’ulteriore esplorazione è stata favorita dall’amore, comune al lettore e all’autore, per la letteratura francese: e non soltanto per quella illuministica, ma anche per quella espressione di uno scetticismo non nichilista, che peraltro precede (Montaigne, Pascal) e segue (France) proprio la fase dei lumi. E se Nordio si affidava alla chiave pascaliana per decifrare l’opera di Sciascia (l’esprit de finesse applicato alla costruzione del fatto narrativo, l’esprit de géométrie anima della considerazione morale e razionale sulla giustizia), è nel legame con Anatole France che faceva emergere il contributo più interessante. Richiamando due delle più famose opere di France (Gli dei hanno sete e Crainquebille), infatti, Nordio fissava due esiti diversi ma entrambi antitetici all’ideale dello Stato di diritto: per un verso, la “giustizia etica” ma disumanizzata; per altro verso, la giustizia strumentalizzata e asservita non a deliranti visioni morali ma alla ragion di Stato. Non è semplice, e lo notava in quel contesto proprio Nordio, decidere quali tra le due sia la più grave (e pericolosa) aberrazione.

Si tratta di temi ben noti al lettore di Sciascia, le cui pagine servono appunto a riconoscere potenziali tralignamenti e a contrastarli per quanto possibile. Pertanto, il Nordio magistrato, relatore di quel Seminario, rivolgeva ai propri colleghi un appello che può autenticamente dirsi “sciasciano”: all’esercizio di una ironia non disgiunta dalla pietà, che salvaguardi insomma un sano livello di scetticismo, senza degradare in nichilismo o in pietismo.