Paolo Squillacioti - Il cretino, i cretini e il cretino intelligente

Il cretino per antonomasia nella narrativa di Sciascia è il protagonista di A ciascuno il suo: la celebre frase di don Luigi Corvaia con cui si chiude il romanzo sintetizza con lapidaria crudeltà tutta la vita del professore. «Era un cretino»: il «povero Laurana» non merita altro appellativo, né si può dire che non se lo sia meritato. Inconsapevole seguace di Sherlock Holmes, Paolo Laurana scopre indizi importanti che gli consentono di arrivare a un passo dalla verità, ma ignora quello che tutti intorno a lui sanno, non sa valutare le persone, insomma perde di vista il contesto. E così muore per questa sua incapacità a capire l’essenza della realtà in cui ha vissuto.
Sciascia ci prepara sapientemente alla pointe finale, costellando il romanzo di elementi che testimoniano della scarsa considerazione in cui era tenuto il professore. Già all’inizio del romanzo, quando Laurana legge in controluce la lettera anonima arrivata al farmacista Manno, riceve prima il rimbrotto del maresciallo («Per favore, non vede che sto dettando?»), poi una risposta sussiegosa: «Faremo quello che c’è da fare, non dubiti». Poco più avanti, quando prova a valutare la reazione di Manno di fronte alla lettera, si sente rispondere dal «notaro» Pecorilla: «E che ne sa lei di quello che un uomo può nascondere?». Lo stesso notaro reagirà a una sua proposta con un esplicito «Non dica fesserie», appena attenuato da scuse che però sottolineano che il professore per capire ha bisogno di spiegazioni: «Mi scusi, le spiegherò più tardi». «Ma non ci fu bisogno, per il professore», commenta il narratore, «della spiegazione del notaro. Effettivamente aveva detto delle fesserie».
A un certo punto il povero Laurana tenta di avanzare un’ipotesi ma viene bloccato dalle parole della vedova del farmacista: «“Ci conosciamo tutti, mi creda” lo interruppe la Manno. “Lei, si sa, è un uomo che si occupa soltanto dei suoi studi, dei suoi libri...” quasi con disprezzo. “Non ha tempo per occuparsi di certe cose, per vedere certe cose: ma noi” si rivolse per intesa alla vecchia signora Laurana “noi sappiamo...”».
E così non ci stupiamo più quando di fronte all’incredulità di Laurana per l’ipotesi che l’avvocato Rosello possa essere un corruttore, un intrallazzatore, un ladro anche il parroco di Sant’Anna non usa mezzi termini: «E allora, mi scusi, debbo dirle che lei campa con la testa nel sacco».

Ma Laurana non è l’unico cretino di A ciascuno il suo: altri personaggi vengono definiti con un appellativo che è davvero una delle parole chiave dell’universo linguistico e ideologico di Sciascia, e di cui converrebbe prima o poi fare una storia.
«Trovatevi un altro cretino»: così la madre del fidanzato della ragazza ingiustamente sospettata di essere l’amante del farmacista si rivolge ai parenti della giovane. «Un cretino» è anche il prete giovane che fa da cappellano al parroco di Sant’Anna: questi poi definisce l’avvocato Rosello con formula ossimorica «un cretino non privo di astuzia», definizione fatta propria qualche pagina più avanti dal narratore: «Come diceva il parroco di Sant’Anna, Rosello era veramente un cretino non privo di astuzia». E infine si paragona la condizione di Laurana a quella «di chi, in un salotto o in un circolo, sente enunciare uno di quei problemi a rompicapo che i cretini sono sempre pronti a proporre e, quel che è peggio, a risolvere; e sa che è un giuoco insulso, un perditempo: tra gente insulsa e che ha tempo da perdere: e tuttavia si sente impegnato a risolverlo, e vi si accanisce».

Nella storia del cretino sciasciano avrebbe un posto non secondario un’altra tipologia ossimorica di cui non pare esserci traccia in A ciascuno il suo: il cretino intelligente, sotto la quale Sciascia classifica anche quel «cretino di sinistra» che suscitò una discussione nell’autunno 1979, registrata da «L’Europeo» del 22 novembre (cfr. Identikit del cretino di sinistra, intervista a Sciascia a cura di Giampiero Mughini, cui seguono gli interventi di Ruggero Guarini – molto critico verso Sciascia – di Valentino Parlato, Luciano Cafagna e Paolo Flores d’Arcais).
Nero su nero, in cui si legge della nascita di quella figura, contiene un’insistita e penetrante denuncia dell’inesorabile «cretinizzazione» dell’Italia negli anni Settanta, degna di Bouvard et Pécuchet di Flaubert o del Piccolo dizionario borghese di Brancati e Longanesi. (Nulla di paragonabile, beninteso, alla cretinizzazione attuale, oggi che quella risata che secondo una delle più belle istanze del Sessantotto avrebbe dovuto seppellire il vecchio establishment rivela il suo risvolto livido e reazionario).
Il tema attraversa il diario in pubblico: in un nota databile al 1969 si legge: «È ormai difficile incontrare un cretino che non sia intelligente e un intelligente che non sia cretino. Ma di intelligenti c’è stata sempre penuria; e dunque una certa malinconia, un certo rimpianto tutte le volte ci assalgono che ci imbattiamo in cretini adulterati, sofisticati. Oh i bei cretini di una volta! Genuini, integrali. Come il pane di casa. Come l’olio e il vino dei contadini». Secca la nota risalente al 1974: «Dei cretini intelligentissimi. Sembra impossibile: ma ce ne sono». E così si arriva a quella ricordata sopra, scritta nel 1979, anno di pubblicazione di Nero su nero: «Intorno al 1963 si è verificato in Italia un evento insospettabile e forse ancora, se non da pochi, sospettato. Nasceva e cominciava ad ascendere il cretino di sinistra: ma mimetizzato nel discorso intelligente, nel discorso problematico e capillare. Si credeva che i cretini nascessero soltanto a destra, e perciò l’evento non ha trovato registrazione. Tra non molto, forse, saremo costretti a celebrarne l’Epifania».

Il pensiero torna all’oggi: la destra e la sinistra hanno cambiato connotati e parole d’ordine, e qualcuno sostiene che destra e sinistra non esistono più, qualcuno che sono indistinguibili nei programmi e nei comportamenti, qualcuno ne parla come se il tempo non fosse passato, come se nulla fosse successo. Ma sparite, confuse o persistenti che siano, destra e sinistra non hanno mai smesso di sfornare cretini, ormai sempre meno intelligenti.