Salvatore Petrotto - Racalmuto, Leonardo Sciascia e le prospettive di sviluppo economico

Per rilanciare le attività commerciali nel centro storico di Racalmuto, sono stati chiamati a raccolta più di ottanta commercianti, al fine di partecipare ad un bando regionale che prevede l'istituzione dei cosiddetti 'centri commerciali naturali'.
Tali provvedimenti legislativi, con annesse le relative sovvenzioni finanziarie, sono stati previsti dal governo Lombardo, con il suo assessore al commercio Roberto Di Mauro.
E così, dopo l'approvazione del piano di recupero del centro storico e la richiesta di riconoscimento di Racalmuto quale città d'arte, anche quest'altro passo verso la rivitalizzazione di tutte le attività imprenditoriali si sta compiendo.

Fermo restando che già il consiglio comunale, nell'ottica del rilancio economico del paese, ha già approvato due altre delibere.
Questi due importanti adempimenti riguardano un progetto per la creazione di un'area artigianale e un altro che riguarda una convenzione con l'A.S.I. (Area di Sviluppo Industriale) e l'Assessorato Regionale all'Industria, relativa alla concessione di ben 33 ettari di zona industriale, da urbanizzare ed assegnare in lotti ai numerosi imprenditori che ne hanno fatto richiesta.
Come si può ben notare, ci sono tutte le premesse e gli strumenti di pianificazione per assistere ad un notevole salto di qualità, se si considera che il centro storico potrà, nei prossimi anni,tra l'altro, trasformarsi non solo in paese-albergo, ma verrà interamente riqualificato e reso più vivibile.

Racalmuto si candida così a diventare una delle principali mete del turismo culturale e del commercio, grazie alla presenza, all'interno del suo tessuto urbano, di quindici chiese, cinque conventi, per lo più risalenti ad un'epoca tra il 1100 ed il 1600, con le opere di un grandissimo pittore di scuola fiamminga e caravaggesca, il 'monoculus racalmutensis', vissuto nel '600 che ha impreziosito con i suoi quadri, non solo le chiese di Racalmuto, ma anche quelle di mezza Sicilia.
Ricordiamo anche due grandi tenori di fama internazionale, Luigi Infantino e Salvatore Puma.
Quest'ultimo, prima di morire, ci ha lasciato un vero e proprio tesoro, consistente nella donazione di tutti i suoi costumi di scena, custoditi in una grande sala dell'Ottocentesco Teatro Regina Margherita.
E come non ricordare il castello medievale che, per via delle sue due torri cilindriche, ha ispirato ai Racalmutesi le denominazione di Lu Cannuni.
Si tratta di un edificio trapezoidale, la cui ampiezza di oltre tremila metri quadrati si dispiega su più piani. Per metà restaurato ed adibito a sale museali, ospita anche un'accademia di musica moderna.
Ospitiamo, dicevamo, anche uno splendido teatro dell'Ottocento, peraltro molto attivo e location ideale, di cui sono rimasti entusiasti e si sono innamorati tutti quanti gli artisti di fama nazionale ed internazionale che si sono esibiti.
Le vicissitudini di questo teatro che, con l'avvento del cinema, si trasforma anche in cinematografo, ispirano Giuseppe Tornatore quando lavora alla stesura della sceneggiatura del film Nuovo Cinema Paradiso. Alcuni episodi sono tratti a piene mani dagli scritti di Leonardo Sciascia. La scena degli sputi dal loggione, ad esempio, od ancora il degrado e l'abbandono in cui fu trascinato il nostro gioiello dell'architettura ottocentesca, progettato, pensate un po', da un architetto che si chiamava anch'egli Sciascia.

Proprio grazie allo scrittore, quel teatro – che nel frattempo, negli anni, era stato trasformato in un pollaio – fu recuperato. E quando, nel 1989, Leonardo Sciascia vide, assieme al regista Tornatore, il suo teatro, il suo cinema con tutte le vicende che attorno ad esso ruotavano, specchiarsi nella trama del film, compreso il fatto, magari, che come si dice da noi 'cu nesci arrinesci', chi va via dalla Sicilia ha successo, ebbene Sciascia non solo si commosse, ma si mise a piangere a dirotto.

E poi come non citare quello scrigno di tesori artistici e letterari, costituito dalla Fondazione dedicata allo scrittore.
Una struttura definita 'metà centrale e metà cattedrale' dall'architetto veneziano Antonio Foscari che ne curò i lavori di restauro e di riuso. E' una vecchia centrale ENEL recuperata e riadattata che evoca le fattezze di una chiesa. Di sacro produceva soltanto quell'energia elettrica che, agli inizi del secolo scorso, per i Racalmutesi dovette apparire, con la sua ieratica imponenza, un edificio miracoloso.
Oggi, quella centrale produce altro genere di energetici miracoli, come ad esempio eventi culturali di livello internazionale.
Al suo interno si conserva inoltre la ricchissima donazione dello scrittore Leonardo Sciascia.
Si tratta di un patrimonio unico al mondo e consistente in oltre mille lettere da lui ricevute nel corso di mezzo secolo di sua attività letteraria e di oltre duecento ritratti dei maggiori intellettuali e scrittori europei, raffigurati attraverso disegni, incisioni e dipinti, opera dei maggiori pittori italiani.
Inoltre, ci sono da annoverare anche numerose collezioni di foto ed una ricchissima biblioteca.

Non possiamo, ancora, non citare una miriade di strutture sociali, ricreative e sportive, le pittoresche fontane, quali quella di 'li Novi Cannola' o quella del 'Raffo', quest'ultima di origine araba.
Un posto a parte meritano i suoi siti archeologici di epoca sicana e le presenze di archeologia industriale ereditate da un ricco e glorioso passato di paese minerario, caratterizzato dall'estrazione, la raffinazione, la lavorazione e la commercializzazione di zolfo e sale.
Ancora ben visibili sono i reperti ed alcune strutture, quali la famosa, per i Racalmutesi e per Sciascia che la immortalò nei suoi libri, miniera di zolfo di Gibellini.
Conosciuto in passato anche come 'lu paisi di lu sali', bisogna dire che ancora oggi si estrae, si raffina, si impacchetta e si vende in Italia e all'estero, sia sale da cucina che sale industriale.

Ritornando a parlare di altri giacimenti, ci riferiamo invece a quelli culturali.
Tra le tantissime ricchezze, basterebbe citare soltanto uno dei numerosi sepolcreti sicani, dove si trova la grotta nella quale si rifugiò più volte, per sfuggire a morte certa, nel corso della sua latitanza, il racalmutese Fra Diego La Matina.
Si tratta dell'eroe e martire della cosiddetta Santa Inquisizione, arso vivo a causa di una sua presunta eresia, non prima però di avere ucciso il proprio inquisitore.
Il gesto, l'atto finale, di quando Fra Diego, con la manette ai polsi, fracassa il cranio al suo inquisitore, il vescovo Lopez de Cisneros, è raffigurato in un disegno di Renato Guttuso che sprigiona tutta la violenta irruenza e rabbiosa potenza derivante dalla sofferenza di chi ha subito una profonda ingiustizia, pagata con un'atroce morte.
Si tratta, unico caso nella triste, tragica e truculenta storia delle diecimila vittime del Sant'Uffizio, di un personaggio vissuto nel '600, le cui travagliate vicende sono state materia di studio di parecchi studiosi, quali il Garufi e Vito La Mantia.
E nel suo caso non ci si è limitati soltanto alla ricostruzione storica dei suoi tragici trascorsi, ma, addirittura, l'autore del famosissimo romanzo I Beati Paoli, Luigi Natoli, che amava firmarsi anche con lo pseudonimo di William Guelt, agli inizi del '900, ne ricavò un romanzo a puntate.

Leonardo Sciascia, nel 1964, proprio a dimostrazione della sua profonda ammirazione nei riguardi di questo romantico e sventurato personaggio, gli dedica un famoso libro – inchiesta dal titolo Morte dell'Inquisitore.
Anzi, sempre Sciascia, in occasione dell'approvazione, nel 1987, della delibera istitutiva della Fondazione a lui dedicata, ricordo, perché ero presente ed anche perché risulta dagli atti, che avrebbe preferito, proprio a proposito del suo personaggio prediletto, quel racalmutese di 'tenace concetto', intitolare l'allora costituenda Fondazione, a Fra Diego La Matina, e così disse: “Eretico lui ed eretico io”. 
Poi, qualche anno dopo la scomparsa dello scrittore, ci siamo limitati ad intitolare a Fra Diego la strada di fronte alla Fondazione Sciascia, mentre il piazzale attiguo che abbiamo creato, è stato intitolato ad un fraterno amico dello scrittore, il grande poeta dialettale siciliano Ignazio Buttitta.
Questi sono soltanto alcuni dei luoghi della memoria storico – letteraria: ci sarebbe da fare un cenno anche al Chiaramontano Palazzo Steri, sede del rettorato dell'Università di Palermo, utilizzato nel '600 come carcere, laddove possiamo rinvenire persino la cella dove fu rinchiuso Fra Diego La Matina, recuperata assieme alle altre dopo un certosino lavoro di restauro.

Per questa ed altre ragioni storiche, abbiamo pensato con la Fondazione Sciascia di dedicare alcune giornate, in occasione del ventennale della morte di Leonardo Sciascia, alle intolleranze. Solo così, i due racalmutesi di 'tenace concetto', Sciascia e Fra Diego, continueranno ad essere ricordati quali i più insigni testimonial, si direbbe oggi, di ogni forma di autentica tolleranza, contro l'odio e la violenza mortale che si continua a scatenare nel mondo.
E' più che evidente, inoltre, che il luogo della quiete agreste, dove lo scrittore si riconciliava col mondo intero, scrivendo od anche polemizzando, quando era necessario, era ed è quella contrada Noce, quella suggestiva campagna racalmutese, dove tra ulivi saraceni, mandorli e vigneti, si sprigionava tutto quell'estro letterario che conosciamo, nonché la sua forza di intellettuale a tutto tondo.
Qualcuno potrebbe sostenere che si tratta del cosiddetto genius loci, per cui Racalmuto diventava la metafora morale, civile, spirituale e letteraria di un mondo la cui visione sciasciana ne ha dilatato i contenuti, ne ha fatto apprezzare i valori autentici e lo ha reso conturbante, ammaliante, affascinante.
In altri termini, la visione prospettica, fortemente dialettica delle cose di questo mondo, in Sciascia ha contribuito ad esaltare i sapori della vita, ci ha fatto provare il gusto e l'orgoglio di essere siciliani veri e, nello stesso tempo, cittadini del mondo.
Un miracolo, questo, che si avvera ad ogni pagina dei suoi libri, intrisi di quelle essenze tra le più intime, ma anche scenografiche e spettacolari della mentalità e della cultura siciliana.
Non riscontriamo il vittimismo verghiano e neanche il gattopardiano destino che ti inchiodano sulla croce di un martirio senza speranza.
No, in Sciascia troviamo i germi di un grande apprezzamento per la nostra terra ed i conati di una profonda ribellione contro l'antistato, la mafia ed ogni forma di potere inquisitorio, cieco e violento.
Ad animare l'azione in difesa dello Stato, ovvero dello stato di diritto, sono degli umili ed integerrimi servitori proprio di quello Stato che nelle sue articolazioni deviate, invece, tenta di affermare i disvalori dell'eversione, della negazione della giustizia giusta.

Chissà quanto la campagna di Racalmuto, i personaggi della quotidianità, il circolo di Racalmuto, l'arciprete o il farmacista, od ancora le figure storiche e leggendarie della sua Regalpetra, hanno influito nel fargli maturare il senso del fluire della sua pagina letteraria o della sua visione teatrale e cinematografica della vita di un paese, dove non solo egli è nato, ma dal quale mai si è distaccato, tanto da voler riposare nel nostro cimitero.

* Sindaco di Racalmuto e Presidente della Fondazione Leonardo Sciascia