Matteo Collura - Un uomo candido

Leonardo Sciascia non era un uomo di carisma. Tutt'altro. Non lo era all'apparenza: così mite, così gentile, così schivo; non lo era in privato e nel suo intimo. Eppure, era uomo capace di segnare la vita di coloro che gli erano più vicini. Viene in mente la scommessa di Pascal: l'hai conosciuto, dunque ora devi fare i conti con lui. Non aveva carisma, Sciascia, ma la sua amicizia pretendeva, senza possibilità di scampo, scelte precise, a volte non facili, coraggiose.
Da che cosa veniva questa sua forza? Dalla sua autorevolezza, certo, dalla sua fama. Ma non soltanto da questo. Si potrebbe dire che l'irresistibile fascino che esercitava su coloro che gli erano amici provenisse soprattutto dal grande equilibrio che lo sosteneva: quello tra razionalità e passione, quell'equilibrio che egli tanto amava in Stendhal. Ma da altro ancora venivano quella sua forza, quel suo fascino. A parte l'ultima parentesi (quella della dolorosa, umiliante malattia), Sciascia è vissuto in uno stato di grazia, quello di un uomo che sente di non aver nulla da perdere e nulla da guadagnare. Questo stato - ecco la sua straordinaria forza - gli consentiva di dire e scrivere sempre tutto quel che pensava. Era consapevole del suo grande successo, ma era sincero quando diceva che gli bastava esser capito da pochi, pochissimi lettori. Sapeva. che, oggi, non si può essere scrittori popolari e nel contempo prendere posizione tirandosi fuori dal coro rassicurante. Non gli interessava perdere qualcosa, dunque, ma neanche era attratto da qualsivoglia guadagno. Questo lo rendeva immensamente forte, ma complicava la vita ai suoi amici più cari. E non perché egli pretendesse in alcun modo di essere seguito nelle sue scelte, ma perché il suo esempio, per chi gli stava vicino, era già un imperativo al quale non si poteva voltare le spalle.
Alla generazione dei quarantenni, alla quale fu particolarmente  legato, Sciascia lascia un'eredità difficile da raccogliere e da conservare, perché sappiamo,soprattutto oggi, quanto sia arduo scegliere, nella vita e nella carriera, valori che non siano il denaro ed il successo ad ogni costo. Sia in pubblico che in privato,Sciascia ha sempre voluto affermare due valori irrinunciabili:
la dignità dell'uomo e la giustizia. Su questo non è mai sceso a patti, non ha mai dato tregua. E chi lo conosceva bene, sa quanto fosse determinato, granitico.
Ora il vuoto. «Certe morti creano smarrimento», disse Bontempelli a proposito del1a morte di Pirandello. E Bontempelli, commemorando Pirandello, altre parole pronunciò,che potrebbero pari pari adattarsi a Sciascia. A proposito del candore  del drammaturgo (lo stesso candore, crediamo, di Sciascia), disse: «L'effetto immediato del candore è la sincerità. L'anima candida non fa concessioni. Con quel suo stile e sincerità, l'anima candida, che è una forza elementare, va facilmente al fondo delle cose, raggiunge i rudimenti immutevoli. Ella può subito isolare con istinto meraviglioso quel che è elementare da quel che è sovrapposto: cultura, incivilimento, convenzione, decorazione,cautela. L'anima candida è divinamente incauta».
Sciascia era per l'appunto un “incauto”. E chi gli è stato vicino sa quanto fosse orgoglioso di esserlo.

(dal Corriere della Sera, 21 novembre 1989)