Il 2021 segna un importante momento per i lettori e gli studiosi di Sciascia: ne ricorre il centenario della nascita. Ma è anche il centesimo anno della nascita di Antonio Russello, altro scrittore siciliano, con il quale il maestro racalmutese condivide, per un curioso paradosso, non pochi elementi.

Paradosso da ricercare nell’astio che divise i due scrittori, amaro frutto di un’incomprensione tutta letteraria: come riporta Gaspare Agnello ne «La terrazza della Noce. Ricordi di vita con Leonardo Sciascia» (p.18), Russello non capì la recensione che Sciascia aveva scritto al suo libro, «La luna si mangia i morti», interpretandola come una stroncatura, alla quale rispose con una sua aspra critica nel libro «Ragazze del Friuli».

Ecco quindi il paradosso: lontani in vita, distanti anche nello stile della scrittura, eppure vicini (paradossalmente vicini) in due loro testi: «La grande sete», pubblicato nel 1962, e «A ciascuno il suo», del 1966.

Infatti, ambedue i testi prendono ispirazione dallo stesso fatto di cronaca nera: l’omicidio del commissario Cataldo Tandoj, avvenuto ad Agrigento nel 1960, come ricorda il giornalista Felice Cavallaro, nel suo libro «Sciascia l’eretico. Storia e profezie di un siciliano scomodo», dove precisa che la pista del delitto mirato, legato a indagini che coinvolgevano mafia e politica, fu abbandonata in favore di quella passionale, relativa a un fatto di corna (p. 88 e segg.)

Ed è proprio l’intreccio di passione e di morte che lega, tematicamente, i due libri: alla passione corrisponde la scrittura di un personaggio femminile di grande bellezza, se non di conturbante sensualità; alla morte la trama degli omicidi, che culmina, nei due libri, con l’uccisione del commissario Righi, e del professore che veste i panni dell’investigatore, Laurana.

Ma le somiglianze che accomunano i due testi sono così personalmente declinate sul piano dello stile, da prestarsi ad una lettura contrastiva, più funzionale a cogliere le differenze all’interno delle uguaglianze (altro paradosso), che non il contrario: ad esempio, la figura della donna. Ne «La grande sete», Maria Gloria Righi, la bellissima moglie del commissario, è distante anni luce dalla costruzione del personaggio femminile della vedova Roscio, in «A ciascuno il suo»: alla prima, ad esempio, lo scrittore Russello riserva ampi spazi narrativi, dove la donna non compare solo come oggetto dell’altrui osservazione, come personaggio che subisce il focus narrativo per mezzo di altri personaggi; infatti, Maria Gloria Righi è si oggetto di desiderio, ma è anche persona che desidera e al suo modo di vedere e vivere le cose lo scrittore dà voce: questa donna è anche protagonista dell’azione e al lettore è dato modo di poter conoscere i suoi pensieri e si suoi turbamenti; quindi  è oggetto dell’altrui attenzione, ma anche soggetto dell’azione (si veda ad esempio il cap. IV de «La grande sete», pp. 53-64, dove il lettore legge gli eventi partendo dall’osservazione della donna).

Nel romanzo «A ciascuno il suo», con la vedova Roscio le cose cambiano: in primo luogo, la donna compare sempre attraverso l’altrui vista; il personaggio non ha mai uno spazio proprio, dove agisce da protagonista, dove al lettore viene concesso di conoscerne i pensieri e le impressioni. Ogni gesto della donna, ogni sua azione è sempre riferita da chi la osserva, dal professore Laurana in particolare. Questo espediente narrativo crea un corto circuito fra il lettore e la donna della vicenda, negando la possibilità di creare un’immedesimazione. Probabilmente questa scelta narrativa è funzionale alla realizzazione del mistero e della cupa sensualità che intorbidiscono le ricerche dell’improvvisato investigatore, lo sprovveduto professor Laurana: il mistero nasce attorno ad una figura narrativamente in-conoscibile; la cupa sensualità dagli effetti che la donna causa in chi la osserva. Infatti, questo personaggio rappresenta un elemento osservato, ma inosservabile dall’interno, così si viene a creare una curiosa situazione, per cui la figura che più attira l’attenzione dei personaggi della vicenda è ad un tempo quella su cui il lettore sa di meno: strategia ferocemente efficace, utile alla costruzione di una storia che al racconto poliziesco fa da parodia (credo abbia valore programmatico in tal senso il cap. VII, in particolare p. 52).

Nell’analisi che stiamo conducendo, non vanno dimenticati i preziosi contributi alla riflessione del ruolo del matriarcato nella scrittura di Sciascia e che spiegano il ruolo delle donne anche nel libro che stiamo analizzando: con ciò si intende, in maniera molto semplificata, il condizionamento che le donne esercitano sugli uomini (istruttivi in tal senso le pagine scritte da Gaspare Agnello, nel capitolo Le donne nelle opere di Sciascia, nel già citato «La terrazza della Noce. Ricordi di vita con Leonardo Sciascia», pp. 57-64; e l’articolo «Il carosello delle vedove in “A ciascuno il suo”», di Rossana Cavaliere, leggibile sul sito www.amicisciascia.it): a suo modo, la vedova Roscio, nell’unica scena dove prende l’iniziativa – comunque descritta dal protagonista, che se la trova ad aspettarlo sulla corriera – condiziona in maniera tragica la conclusione delle sue ricerche (come scrive Pietro Stacchio in «Ipotesi di lavoro su A ciascuno il suo e Leonardo Sciascia», p. 87, la donna usa il suo sex appeal per controllare il punto di arrivo delle ricerche da parte del professor Laurana e predisporne l’eliminazione).

Non casuale, credo, che in un simile contesto, assistiamo a un capovolgimento del topos della donna angelo: dalla donna angelica, bella ma sottratta alla dimensione dei sensi, alla donna sensuale; dalla donna che porta salvezza, alla donna che porta rovina (a spingermi a questo confronto è l’espressione “uomo dello schermo”, in «A ciascuno il suo», p. 69: la frase è riferita al fatto che una lettera di minaccia era stata inviata al farmacista, il dottor Manno, solo per sviare le indagini, dato che l’obiettivo era il dottor Roscio. Se la donna-schermo aveva lo scopo di coprire la donna oggetto delle lodi del poeta, qui l’uomo schermo diventa strumento utile a sviare le indagini).

Un’ultima considerazione riguarda due passi dei due libri, accomunati dalla scelta del luogo di incontro fra le donne e i due uomini, Maria Gloria Righi e Don Mimì lo Bue, in «La grande sete», la vedova Roscio e il professor Laurana, in «A ciascuno il suo»: due significativi incontri che hanno in comune il fatto di avvenire sulla corriera. Galeotta corriera.

La prima viene avvicinata per la prima volta dal suo spasimante, Don Mimì lo Bue, proprio sulla corriera, dove appunto si siede accanto a lei (p. 68); stessa scena si verifica l’indomani (p.69); e abbiamo qualche elemento per presumere diversi incontri sulla corriera (a p. 71, leggiamo “la quale voglia [cioè di presentarsi alla donna con tutto il suo nome, i suoi titoli e i suoi possedimenti terrieri] sfogò un altro giorno scendendo dalla corriera a Porta di Ponte”). Assistiamo a un cambio di regia, segno di una maggiore confidenza, che prelude alla nascita di un rapporto adulterino, quando la donna accetta l’invito a salire in macchina di Don Mimì (p. 71).

In «A ciascuno il suo» assistiamo ad una scena simile, ma capovolta: qui non è la donna a trovare l’uomo ad attenderla, ma il contrario, dato che il professor Laurana trova sulla corriera la vedova Roscio, la quale addirittura gli indica il posto accanto libero (p. 107); anche in questo caso, sebbene la donna stia prendendo le mosse, appare sempre attraverso la descrizione del narratore e attraverso le sensazioni del protagonista, il professor Laurana (significativo il seguente giudizio, a proposito dei discorsi della donna, “Parlava con una volubilità svagata e sciocca da far sanguinare le orecchie”, p. 108); qui la donna, vincendo la momentanea incredulità del professore, riesce ad ottenere un fatale appuntamento.

Come si vede dal confronto, assistiamo a un capovolgimento: nel primo caso un uomo aspetta la donna, nel secondo la donna aspetta l’uomo; lì è l’uomo a dover vincere la ritrosia della donna, qui la donna a dover conquistare la fiducia del professore. In ambedue i casi, i fattori comuni, che ne giustificano, a mio dire, una lettura comparata, sono il luogo, la corriera, e la significatività del momento: la relazione fra Maria Gloria Righi e Don Mimì lo Bue e la fatalità dell’incontro per il professore Laurana.

In conclusione, quali caratteristiche portano con sé queste due donne, belle, ma certamente diverse?

La vedova Roscio, misterioso personaggio che vive solo attraverso gli altri personaggi, rivela infine la sua pericolosità, attentamente unita alla bellezza e alla sensualità che la caratterizzano: il binomio sensualità-pericolo, del resto, è presente in tutto il libro e sembra essere il principale problema del professore Laurana, vista l’eccessiva inibizione verso il mondo delle donne e del sesso, di cui è causa una madre eccessivamente protettiva (per cui formativa la lettura del cap. “A ciascuno il suo e l’eros” di Pietro Stacchio, dal citato «Ipotesi di lavoro su A ciascuno il suo e Leonardo Sciascia», pp. 70-72).

Resta da definire il ruolo femminile di Maria Gloria Righi. Mettiamoci subito l’anima in pace nel riconoscerle l’assenza di un piano malvagio: è una bellissima donna, ma qui la bellezza è solo bellezza e non prelude a nessun piano delittuoso. Fugato il pericolo, non resta che cercare altrove le relazioni tematiche che la bellezza e la donna chiamano in causa: credo sia possibile individuare tre tipi di legami.

Il primo riguarda la relazione donna-sicilia, relazione caratterizzata dall’assenza delle donne, rinchiuse in casa e velate alla vita sociale, come fossero un mistero da scoprire solo il giorno (o la notte) delle nozze (significative le pp. 28-29, in «La grande sete»).

Il secondo tipo di relazione tematica si coglie nel binomio che possiamo provare a definire “donna-coralità”: nella Sicilia di Russello, elemento chiave è la teatralità degli eventi (ad esempio, guardare la bellissima Maria Gloria Righi, mentre prende un caffè al chiosco-bar, diventa un piacere corale, p. 67). Con ciò si indica l’importanza di agire sotto l’occhio della comunità dei concittadini, anche in vista della realizzazione di un successo. In questo caso, la conquista della donna da parte di Don Mimì passa anche per lo sguardo di una serie di spettatori, che siano i passeggeri della corriera o i vicini di casa, che assistono all’arrivo di Maria Gloria alla dimora del ricco latifondista (pensa Don Mimì, mentre spia la strada dalle finestre di casa sua: “meglio che tutta Agrigento sapesse che gli era corsa [Maria Gloria Righi] tra le mura domestiche, e che lui stravinceva così”, p. 147). Questo elemento della coralità si inscrive in una più profonda riflessione sulla natura del siciliano, spiegata da un personaggio della vicenda, il professore Augenti, che lega il carattere dei siciliani a elementi della cultura greca, omerica e teatrale in particolare.

Infine, resta da affrontare l’ultimo elemento. Abbiamo parlato, a proposito di «A ciascuno il suo», di un rovesciamento del ruolo della donna angelo, ravvisabile in un uso originale dell’uomo dello schermo. Ancora l’immagine della donna angelo ci torna utile in questo momento: Maria Gloria, con la sua bellezza, spinge il latifondista Don Mimì lo Bue, ricco ma ignorante, a un ritiro di studio e di solitaria formazione culturale, ben consapevole che solo con la cultura può accostare una donna così bella ed istruita.

Come la donna angelo è portatrice di salute e guida per il poeta che abbia gli strumenti per intenderla, così Maria Gloria spinge ad un salutare studio l’uomo, Don Mimì lo Bue, che vuole avere i mezzi necessari per accostarla e conquistarne, prima che il corpo, l’intelletto.

Ma anche in questo caso, la metafora della donna angelo non è seguita per filo e per segno, ma anzi presenta un corto circuito, sicché possiamo parlare di un’operazione salvifica della donna parzialmente realizzata: Don Mimì studia e s’ingentilisce nei confronti di altri personaggi che prima disprezzava, segno di un effetto benefico dello studio (pp. 93-95); ma non va oltre: resta latifondista e al potere non rinuncia, per quanto questo pesi sulle spalle dei suoi braccianti, quali Calogero Sardella, più volte accostato, per stile di vita e fatica, alle bestie che non agli uomini.

In conclusione, non nego lo stupore che ho provato nello scoprire che i due libri prendono ispirazione da uno stesso evento (terribile evento). A spingermi a una lettura comparativa e a giustificarne la scrittura di questo articolo è stata proprio questa scoperta. Da lì ho cercato di mettere insieme i vari elementi dei due libri che condividessero una qualche somiglianza. Quello della donna e della bellezza mi pare il più evidente, ma non il solo. Tuttavia, nonostante certi punti di contatto fra i due libri, restano così diversi, che mi pare più adeguato parlare di “differenze nelle uguaglianze”, che di uguaglianze in senso netto. E questo è un valore aggiunto di tutta la letteratura: gli elementi di cui si compone una storia sono finiti, come finite le sue possibili combinazioni; illimitate sono invece le risorse dell’ingegno e della creatività.

 Francesco Castronovo

Dopo le Lezioni Sciasciane nel mondo di Istanbul, Parigi e Teheran, la quarta Lezione – dal titolo Leonardo Sciascia e il mondo arabo- si terrà a Sharjah, Giovedì 4 novembre, alle 18 ora locale (15 ora italiana) nella prestigiosa cornice della locale Fiera Internazionale del Libro (SIBF). La Lezione (in arabo e in inglese), introdotta e coordinata da Ida Zilio-Grandi, Direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Abu Dhabi, affronterà il tema dei rapporti tra Sciascia e il mondo arabo. Attraverso gli interventi di Ezzeddine Anaya (Università La Sapienza, Roma), Francesca Corrao (Luiss, Roma), Wael Farouq (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano), Khaled al Nassiry (Edizioni Al Mutawassit) e Erfan Rashid (traduttore), ricostruirà il rapporto tra Sciascia e la cultura araba, con una particolare attenzione rivolta alle traduzioni dei romanzi sciasciani, uscite nel passato più o meno recente ma anche appena pubblicate o in corso di stampa. 

La registrazione della Lezione sarà messa a disposizione, in differita, sulla pagina facebook dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani* e dell’Associazione Amici di Leonardo Sciascia*.

Per la Lezione Sciasciana di Sharjah è previsto un importante prologo. Mercoledì 3, infatti, alle ore 18,30 (ora locale), all’Istituto Italiano di Cultura di Abu Dhabi sarà presentato il volume «Un arabo che ha letto Montesquieu». Leonardo Sciascia e il Mediterraneo sud-orientale, edito da Olschki nel 2021, nell’ambito delle iniziative del Comitato Nazionale per il Centenario Sciasciano e nella collana “Sciascia Scrittore europeo” ideata dall’Associazione Amici di Leonardo Sciascia. Presentano il volume, insieme alla Direttrice dell’IIC Ida Zilio-Grandi, i due curatori, Francesca Corrao (Luiss, Roma) e Giovanni Capecchi (Università per Stranieri di Perugia).

Dal 6  al 24 novembre 2021 a Milano si terrà una mostra fotografica in Opera Cardinal Ferrari dal titolo  “Il mondo letterario di Leonardo Sciascia al premio Racalmare: le prime edizioni” ; tutti i giorni feriali ore 10.00 - 13.00 e 15.00 - 18.00 (tutte le informazioni sulla locandina in allegato).

“Poiché nulla di sé e del mondo sa la generalità degli uomini, se la letteratura non glielo apprende.”

È con questo significativo messaggio che la sessione Progetto Scuola – La parola agli studenti ha chiuso i lavori del XII Leonardo Sciascia Colloquium, che si è svolto presso l’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani a Roma il 7 e l’8 ottobre scorsi e che ha avuto come titolo La questione, Sciascia, Primo Levi, Manzoni: giustizia, tortura, intolleranza.

Protagonisti gli studenti delle scuole superiori che, con i loro insegnanti, hanno riflettuto sulla questione come pratica della tortura in cui predomina la volontà da parte dei carnefici di perseguitare e sopprimere i più deboli secondo una logica spietata e abominevole.

Le parole dei Maestri di diritto hanno vibrato di forte tensione morale e lucida analisi critica nei confronti della responsabilità individuale e collettiva in tutti i preziosi interventi presentati durante il convegno.

La prof.ssa Roberta De Luca ha aperto la sessione, presentando la relazione I burocrati del Male e la violenza inutile in cui è stato affrontato il delicato e attuale tema del negazionismo e della menzogna che Sciascia definisce “più forte della verità” ne Il consiglio d’Egitto. L’intervento, curato in collaborazione con i suoi Studenti adorabili, ha sottolineato la necessità della testimonianza che Primo Levi definisce “il terzo mestiere” e il compito educativo degli insegnanti nella formazione dei giovani.

Il secondo intervento ha visto come protagonisti i ragazzi di una classe terza di indirizzo classico del Liceo Democrito di Roma, guidati dalla professoressa Tiziana Forzano; i ragazzi si sono interrogati sulla questione della tortura come espressione di ingiustizia e menzogna per ritrovare nella pietà il ristabilimento della giustizia e il valore fondante dell’umanità della relazione, ripercorrendo l’origine etimologica del termine dall’ευςεßεια greca alla pietas romana.

Il professore Gianluca Moiser ha invece presentato un video dal titolo La questione. Vergogna nascosta realizzato con la classe quarta del Polo Liceale di Sondrio Carlo Donegani su una drammaturgia scritta dagli alunni del Liceo Leonardo da Vinci di Terracina guidati dalla professoressa Roberta De Luca.

La sessione scuola si è conclusa con la presentazione del lavoro svolto dalla classe 2B scientifico del Liceo Leonardo da Vinci di Terracina e curato dalla professoressa Luciana Sanguigni.

I giovani discenti sono partiti da una riflessione di Leonardo Sciascia in La strega e il capitano (“il modo come il ‹‹delitto›› fu scoperto rende questo processo per stregoneria meno ripetitivo e banale”) per capire come i propositi dei carnefici furono tradotti in fatti, un modus operandi che imperat ancora oggi, nonostante la Dichiarazione universale dei diritti umani del 10 dicembre 1948.

In occasione di una intervista rilasciata durante un incontro con gli studenti Primo Levi ha precisato: “Io sono uno che ha bisogno di comunicare molto, se non riesco a comunicare soffro, ho bisogno di parlare o scrivere, avere se possibile una comunicazione ad andata e ritorno”. 

E il XII Leonardo Sciascia Colloquium ci ha comunicato che, attraverso la parola degli studenti, si può continuare a dialogare con i nostri Maestri di Diritto affinché “la generalità degli uomini” possa apprendere se stessa e l’umanità intera.

Dopo le Lezioni Sciasciane nel mondo di Istanbul e di Parigi, la terza Lezione – dal titolo Sciascia e l’Iran- si è tenuta a Teheran Lunedì 18 Ottobre, alle ore 15,00 di Teheran e alle ore 13,30 italiane. La Lezione, aperta dalla Senatrice Emma Bonino, Presidente del Comitato Nazionale per il Centenario Sciasciano, e introdotta e coordinata da Giuseppe Perrone, Ambasciatore italiano a Teheran, è stata incentrata sulla ricostruzione dei rapporti intercorsi tra Sciascia e l’Iran. Dopo un intervento iniziale di Giovanni Capecchi, dell’Università per Stranieri di Perugia, Mohammad Hossein Kiaei, docente all’Università di Teheran, si è sffermeto ad analizzare le traduzioni delle opere di Sciascia in persiano, la presenza di Sciascia nei programmi delle Università iraniane e le ragioni che stanno alla base dell’interesse per l’opera di Sciascia in Iran. Giacomo Longhi, iranista dell’Università Statale di Milano, e Sanam Ghiaei, autrice della recente traduzione de Gli zii di Sicilia in persiano, hanno dialogato su cosa significa tradurre Sciascia nell’Iran dei nostri giorni. L’appuntamento si è concluso con la lettura di alcune pagina di Sciascia da parte dell’attrice iraniana Setareh Eskandari.

La Lezione, in presenza alla residenza dell’Ambasciatore Perrone, è stata trasmessa in streaming sulla pagina facebook dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani*, dell’Associazione Amici di Leonardo Sciascia*, della rivista «Todomodo»*, della casa editrice Olschki* e sulla pagina Instagram dell’Ambasciata d’Italia a Teheran.

Si pubblica il link del primo dei tre incontri (sabato 9 ottobre 2021) di un ciclo  su Leonardo Sciascia nel Centenario della nascita presso la Biblioteca Lazzerini di Prato, relatrice Rossana Cavaliere: 

https://www.youtube.com/watch?v=EtuQkCKqlLY

 

Link del secondo incontro:

https://www.youtube.com/watch?v=mdjonjYwvv0

DIRITTO VERITÀ GIUSTIZIA.

Omaggio a Leonardo Sciascia

a cura di

LUIGI CAVALLARO    ROBERTO GIOVANNI CONTI

Cacucci Editori

Il centenario della nascita di Leonardo Sciascia (1921-1989) è stato caratterizzato da una lunga serie di pubblicazioni sulla sua vita e sulle sue opere.

Tra questi si colloca il libro DIRITTO VERITÀ GIUSTIZIA. Omaggio a Leonardo Sciascia - Cacucci Editore – a cura di Luigi Cavallaro e Roberto Giovanni Conti, ambedue giudici della suprema Corte di Cassazione e siciliani che hanno incontrato Sciascia, il primo attraverso i libri del padre avvocato, il secondo crescendo in contrada Noce di Racalmuto, dove ha potuto avere contati diretti con il maestro di Regalpetra.

Pietro Curzio, collega dei due, diventato Primo Presidente della Cassazione, ha deciso di celebrare il centenario della nascita di Sciascia con la pubblicazione di questo libro, affidando la realizzazione del progetto ai due ‘ giudici ragazzini’ che, oltre ad essere maestri del diritto, sono anche amanti delle belle lettere.

Ma perché un libro dedicato a Sciascia e non ai tanti altri scrittori siciliani di pari grandezza? Perché Sciascia ebbe il rovello della giustizia.

A tal proposito Ernesto Lupo cita Bufalino il quale ha affermato che “tutti i libri di Sciascia apparivano come un unico grande libro sulla giustizia” e, come epigrafe al libro, i curatori hanno riportato la frase che Sciascia fa pronunciare a un personaggio di ‘Una storia semplice’: “La laurea in legge era la suprema ambizione della sua vita, il suo sogno”.

I due chiedono di scrivere un saggio su un testo di Sciascia a uomini di grande spessore giuridico e letterario e allo studioso Paolo Squillacioti, per fare un libro che, come essi stessi scrivono, “vorrebbe essere , né più e né meno, una riflessione a più voci che provi finalmente a prendere sul serio gli interrogativi sul diritto, sulla verità e sulla giustizia che attraversano tutta l’opera di  Leonardo Sciascia. Una riflessione che viene direttamente da chi con la legge e con i problemi che discendono dalla sua interpretazione e applicazione si misura in quanto giurista, e che ambisce a misurarsi con le risposte che la riflessione sciasciana lascia intravvedere all’immane problema concernente la possibilità, il modo e la misura in cui un ordinamento giuridico può riuscire ad essere garante della verità e della giustizia e, per loro tramite, della persona: problema che, alfine, è lo stesso con cui, oggi, più che mai, si confrontano gli operatori del diritto”.

L’obiettivo dei due curatori è stato perfettamente raggiunto perché i giuristi invitati a scrivere hanno sezionato l’opera di Sciascia rilevandone tutto il dramma della giustizia che è il dramma del giudicare, della ricerca impossibile della verità, del conflitto tra legge e diritto, del formalismo che contrasta con la sostanza, del contesto, del potere, del cittadino che si perde nei meandri di una giustizia che, molto spesso, non è uguale per tutti.

Natalino Irti trattando de ‘Il giorno della civetta’ si sofferma sul contesto in cui avvengono i delitti, e parla dei diritti che si assottigliano e della contrarietà di Sciascia alle leggi speciali, mentre Massimo Donino, partendo da ‘Il consiglio d’Egitto’, dopo avere fatto un excursus storico dell’impostura dell’Abate Vella, ci parla della valenza del falso e della cospirazione che sono, a suo dire, due categorie classiche del diritto penale.

Davide Galliani tratta del libro ‘Morte dell’inquisitore’ e afferma che Fra Diego La Matina, uomo di tenace concetto, è uccisore e vittima di una giustizia ingiusta. Uno che tenne alta la dignità dell’uomo.

Mario Serio si approccia alle tematiche del libro ‘A ciascuno il suo’ e, anch’egli, si sofferma sul contesto formato dai circoli di paese, dai preti, dalla gente comune che impedisce di fare giustizia per cui chi la cerca soccombe come un ‘cretino’, mentre Giovanni Mannone, partendo dal libro ‘Il contesto’, fa un confronto tra Sciascia e Kafka accomunati da inquietudine e paura e dalle influenze sul secolo passato di Pirandello, Kafka, Borges e Sciascia aggiungiamo noi.

Il tema diritto e letteratura viene trattato da Nicolò Lipari, oltre che da Paolo Squillacioti, sapendo che Sciascia afferma che la letteratura è verità e serve a superare i formalismi e l’influenza del contesto sociale.

Un discorso a parte merita lo scritto di Gabriella Luccioli che tratta del libro ‘La strega e il capitano’ dove si rileva l’amore dello scrittore di Racalmuto per Manzoni e appunto, partendo da Manzoni, Sciascia parla di un processo alla stregoneria portato avanti dal potere e dalla Chiesa, un processo terribile che porta a morte Caterina Medici.

La Luccioli inoltre fa un’incursione pesante sul mondo femminile nelle opere sciasciane che è assolutamente negativo confermando ciò che noi abbiamo scritto, con ampia documentazione, nel nostro libro ‘La terrazza della Noce’.

Infine, Ernesto Lupo scrive di ‘Porte aperte’ che, come affermò Matteo Collura, è un libro manifesto contro la pena di morte.

Il libro voluto dal Primo Presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio, direttore della biblioteca di cultura giuridica, e curato da due giovani giudici di cassazione Cavallaro e Conti, è fondamentale per la conoscenza di Sciascia e non poteva non aprire un raggio di speranza e questo raggio lo intravvede la Luccioli quando riporta un’intervista di Sciascia in cui lo stesso scrittore afferma “Sì, ci credo. Nella ragione, nella libertà e nella giustizia che sono, insieme, ragione (ma guai a separarle). Credo si possa realizzare, anche se non perfettamente, un mondo di libertà e di giustizia”.

E poi “Il problema vero, assoluto, scrive Sciascia, è di coscienza, è di religione.

                                                                                                                                                                                                                                                 Gaspare Agnello                                       

Dopo le tappe di Firenze, Fabriano,Venezia, la biennale mostra espositiva della X edizione 2021-2022 del «Premio Leonardo Sciascia amateur d’estampes» approderà a Milano. A seguire l’appuntamento milanese la mostra toccherà Roma, dove concluderà il ciclo  l'8 dicembre 2022.

La cerimonia di premiazione dell’artista scelto dalla giuria si svolgerà come sempre alla Sala della Balla del Castello Sforzesco a ,Milano il 10 febbraio 2022.

Dopo la Lezione Sciasciana di Istanbul, svoltasi il 22 settembre, la seconda Lezione si terrà a Parigi mercoledì 29 settembre alle ore 19. Diego Marani (direttore dell’Istituto italiano di cultura di Parigi) e Francesco Izzo (Comitato Nazionale Centenario Sciasciano) introdurranno l'incontro. A seguire, Domenico Scarpa (Centro Internazionale di Studi Primo Levi, Torino – in collegamento video) presenterà la raccolta di saggi di Sciascia, Stendhal for ever (“Cahiers de l'Hôtel de Galliffet”, 2020) e Davide Luglio (Université Paris-Sorbonne) illustrerà i collegamenti tra Sciascia e Foucault. Paolo Grossi (direttore della collana “Cahiers de l'Hôtel de Galliffet” e membro del Comitato Nazionale Centenario Sciasciano) animerà la serata.

L’incontro avrà luogo in lingua francese e si svolgerà presso l’Istituto Italiano di Cultura di Parigi (50, rue de Varenne – 75007 Paris). Per ascoltare la Lezione in presenza è obbligatoria la prenotazione con controllo del green pass all’entrata (www.iicparigi.esteri.it). La Lezione sarà trasmessa anche in streaming sulle pagine Facebook dell’Istituto per l’Enciclopedia Italiana Treccani*, dell’Associazione Amici di Leonardo Sciascia*, della rivista «Todomodo»* e della casa editrice Olschki*.

A Istanbul il 22 settembre, alle ore 18 ora locale, (17,00 ora italiana) si svolgerà la prima Lezione Sciasciana nel mondo aperta dal saluto della Senatrice Emma Bonino, Presidente del Comitato Nazionale per il Centenario Sciasciano, e introdotta da Salvatore Schirmo, Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Istanbul. L’incontro ricostruirà i rapporti intercorsi tra Sciascia e la Turchia, soffermandosi sulle traduzioni (e sulle ri-traduzioni) delle opere di Sciascia in turco e sulle relazioni culturali tra l’autore italiano e l’Anatolia. Cristiano Bedin (Università di Istanbul) interverrà su La fortuna di Leonardo Sciascia in Turchia: traduzioni, ritraduzioni e critica e Giovanni Capecchi (Università per Stranieri di Perugia) svolgerà una relazione intitolata Un “ponte” con la Turchia: l’amicizia tra Leonardo Sciascia e Bruno Arcurio.

La Lezione potrà essere seguita in diretta sulla Piattaforma dell’Istituto Italiano di Cultura di Istanbul* e sulle pagine Facebook dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani*, dell’Associazione Amici di Leonardo Sciascia*, della rivista «Todomodo»* e della casa editrice Olschki*. L’incontro si terrà in italiano, con traduzione simultanea in turco.